Un film intitolato “Ordalia”

Gray_ribbonTe li ricordi tutti, quegli undici mesi. La lastra con la macchia, poi la TAC, poi la TAC col contrasto, poi la total body, poi la broncoscopia, poi la biopsia, poi le ricerche su Internet, poi l’interrogatorio dei medici per sapere le statistiche, poi la chemio, poi l’estate, poi l’autunno, poi il miglioramento, poi le speranze, poi le analisi, poi le visite, poi il ricovero, poi il peggioramento, poi le metastasi, poi il Natale, poi il compleanno, poi la radioterapia, poi il peggioramento, poi la fine.

E ora di nuovo. E di nuovo ai polmoni. E dai. Sembra un film già visto. Sembra un film già visto ma non ci vuoi credere, e allora esci dal cinema, per verificare. E no, non ti eri sbagliato. Guardi e riguardi l’insegna sopra l’ingresso. Il titolo è quello. E’ proprio lo stesso, identico film. E lì ti prende, un attimo di mancamento.

C’è una cosa strana che succede. Tu parti in una situazione con una riserva di energia potenziale. Nel senso che ci sono tante possibilità aperte, tanta potenzialità che si possono esprimere. Nello specifico fai una lastra ed esce una macchia. E il radiologo ha chiesto una TAC di urgenza e allora impapocchi una storia per non farla insospettire, perché la lastra era stata fatta per capire se l’osteopata poteva fare qualcosa per la schiena, chi cazzo ci pensava a una macchia nei polmoni. Le potenzialità sono tante, potrebbe essere una cicatrice, potrebbe essere una vecchia infiammazione, questo ti dicono gli amici medici. E gliela fai, ‘sta TAC. E tutto il potenziale si brucia. Perché non è una cicatrice, e la macchia è talmente tipica che il responso è certo oltre ogni dubbio. E oltretutto è più grande, molto più grande di quanto non sembrasse. La potenzialità ha lasciato posto alla realtà, e dove c’era un bel castello in aria rimangono solo ceneri, e il castello è distrutto. E tu però ti metti lì, e con pazienza ricominci a ricostruirlo il castello. E ti racconti che ok, è cancro, è cancro ai polmoni, ma la posizione nel polmone è periferica. E ricominci ad accumulare riserve di energia potenziale, ed eccolo di nuovo, è pronto un altro castello, un po’ meno bello di quello di prima, e pensi che magari può essere operato, magari non cresce con velocità tremenda, magari non va girando generando metastasi. E aspetti il prossimo evento, che lascerà nuovamente spazio alla realtà. E così via, in una incessante quanto inutile ricerca di una positività che non può esistere, perché se per un momento, per un solo momento, smetti di fare il muratore e lasci stare la costruzione del castello, se ti fermi un attimo, ti guardi allo specchio, e dici nello specchio “Cancro ai polmoni”, tu lo sai bene di cosa si parla. Lo sai perché lo hai già vissuto. Lo sai perché tutte queste seghe mentali te le sei già fatte, rifatte e strafatte. E hai giocato coi numeri, con le statistiche. Quando ti hanno detto 24 mesi hai iniziato a pensare alla curva di Gauss, alla varianza, agli scostamenti. Hai pensato che il biglietto vincente della lotteria magari per una volta ce lo poteva avere lui, o che semplicemente magari si trovava a destra della gaussiana e i 24 mesi potevano diventare 36. Hai pensato che dai, 24 mesi sono 2 anni, e 36 sono tre. In due, tre anni c’è tempo per dirsi un sacco di cose. Poi hai sbattuto il grugno sul fatto che i mesi sono stati 11. E che in 11 mesi, come in 24 o in 36, non si riesce a dire un cazzo in più di quanto non ci si sia già detti in tanti anni. E ci ripensi e dici che tutto sommato è giusto così, perché una modalità di comunicazione nata e cresciuta in decenni non si può rivoluzionare. Anzi. Non si può cambiare neanche di una virgola.

E poi ripensi e rimugini e dici che cazzo, se toccasse a te, faresti diversamente. E poi ti ritorna in mente con violenza quello che avevi già pensato cinque anni fa. Cinque anni fa avevi giurato che non avresti mai più detto “se toccasse a me farei”, perché cinque anni fa avevi capito una sola cosa, che quando qualcuno si ammala in questo modo tutti gli equilibri saltano, e reazioni che avresti classificato nella cartella “Ma figurati, ma neanche a parlarne” diventano possibili, e al contrario reazioni classificate nella cartella “Sì certo, è ovvio” non si verificano.

E poi pensi che la sua vita l’ha fatta, che non si tratta di un giovane virgulto spezzato nel fiore degli anni, e subito dopo però ti dici che è proprio un modo di merda di andarsene.

E continui così, rifacendo le stesse cose e ripensando gli stessi pensieri, perché è lo stesso film. E tu non volevi proprio rivederlo, cazzo.

52 pensieri su “Un film intitolato “Ordalia”

  1. elinepal

    No cazzo no. Non si può accettare di rivedere la stessa storia segnata sulla pelle di un altro. Ma la verità e questa. Che ognuno ha la propria pelle. E la propria storia. E che se anche apparentemente un cancro è sempre un cancro, ogni vita, ogni, malattia, ogni morte, sono personali. È si può solo fare il massimo perché questo sia. La persona prima di tutto. Ti mando tutto il mio affetto.

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    1. Wish aka Max Autore articolo

      Quello che veramente colpisce è ritrovarsi a fare e pensare le stesse, identiche cose che hai pensato cinque anni prima. I castelli di cui dicevo.
      Ma tra le tante cose uguali ce n’è una diversa, per me. Che questa volta deve venire prima di tutto la qualità di vita, e non la durata. Tutte le decisioni saranno prese in quest’ottica. Per lo meno, io sosterrò con forza questa linea d’azione.

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    1. Wish aka Max Autore articolo

      Non so, sul non sentire altro la mia personalissima opinione è che prima si campava meno. E oltretutto, tutti i veleni che respiriamo e ingeriamo prima o poi il conto lo chiedono. Ma non ci si abitua mai, per l’appunto.

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  2. ema

    Ieri sera, prima di addormentarmi, sei stato il mio ultimo pensiero. mi dicevo, rotolando nel letto alla ricerca della posizione giusta, che nella nostra telefonata non ti avevo praticamente detto nulla. non che dire chissà cosa sarebbe servito. parli di castelli ed energia. penso che sia fondamentale costruirsi i castelli: pietra su pietra, sapendo che tanto Qualcuno si ostina a tirarceli giù o a cambiare il progetto, come quegli architetti che vanno dietro ai clienti e costringono le maestranze a cambiare in corsa. qualche volta rimane un muro, una torre. però penso e sono certo (che ok i dubbi, ma un ancoraggio ancorchè illusorio ci fa bene) che anche se il castello ti crolla o ti cambia davanti agli occhi nessuno e niente ti porterà via gli strumenti che hai usato e l’esperienza che hai acquisito (ecco perchè è fondamentale costruirli incessantemente nonostante tutto).
    Un commento sull’energia. da patito della meccanica quantistica sai che le particelle subatomiche cubano una percentuale bassissima (0,00001%) in termini di massa, il resto è energia. noi siamo “vuoti” di materia, ma “pieni” di energia… dobbiamo ricordarcelo.. perchè se la cerchiamo, dobbiamo ricordarci che ne abbiamo “a iosa”…
    Per finire, sei al cinema, a vedere un film già visto… hai compagnia, guardati intorno e trovi tutti noi.
    Un abbraccio.
    Ema

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  3. itacchiaspillo

    E’ così ogni volta, ogni sacrosanta volta ci si crea i castelli, le figure mentali, i sogni “che”.
    Ma la qualità della vita che hai detto è importante, importantissima. Che si abbia 11 mesi davanti, 24, 36 o decenni.
    La qualità della vita. E’ questo.
    Un abbraccio.

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  4. Albert1

    Max, c’è qualcosa che mi sfugge.
    Mi sento molto fuori luogo, come quando ti trovi in un consesso di persone decisamente affiatate che ridono per un loro “internal joke” e tu non puoi fare di meglio che abbozzare un sorrisino di circostanza e sperare che si cambi velocemente argomento.
    Non posso fare a meno, pertanto, a rischio di sembrare un coglione di chiederti: di chi stai parlando ? Non il primo paragrafo, quello lo intuisco. Dal secondo in poi.

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      1. Albert1

        Ecco. Adesso qualsiasi cosa dovessi scrivere non avrebbe senso.
        Compresa la riga qui sopra.
        Oppure sarebbe lesivo ed irrispettoso nei confronti di chi ancora, nonostante tutto, crede.
        Lasciamo perdere anche questo.
        Niente, solo cose fuori luogo. Mi fermo qui, per ora.

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  5. Soliloquio in compagnia

    Mi dispiace essere passata da te in questo brutto momento. Mi sento ancora peggio di come può sentirsi Albert conoscendoti, fuori luogo nel mio caso è un eufemismo. Accetta comunque questo stupido commento come testimonianza della mia vicinanza e solidarietà per l’accaduto. Mi dispiace tanto…

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  6. 黒子 くろこ kuroko

    cazzo.
    (ci vediamo presto. spero di essere più di là che di qua perché ora come ora sono. separata. per niente confusa insomma. per cui voglio vedere bene e voglio vederti bene e voglio sentire quello che dici. ti abbraccio in the meanwhile.)

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  7. tittisissa

    Non ci sono parole che possano lenire un così tale dolore, accidenti.
    Ed io parole non ne trovo, salvo quelle che uso per dirti che ti mando un abbraccio prolungato e forte. Come quello che si scambiano i “vecchi amici” ecco.
    Sembrerà strano, ma è da qualche giorno che ti ho in mente e che volevo scriverti. Sarà un caso? Per dire.
    Ti sono vicina.

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  8. masticone

    Sono un ficoso.
    Ho paura di tutte di tutto ciò che dà dolore.
    news come questa che tu dichiari included.
    Si fa presto a dire che il corpo umano è una macchina perfetta. Quando non funziona qualcosa sono cazzi.
    Credo che razionalmente non ci sia molto da dire. Sei troppo ingegnere per lasciare le cose al caso. Sai meglio di chiunque altro cosa e come fare.
    Mi permetto però di dire che non è lo stesso film della volta precedente.
    Lo sai bene.
    Razionalmente.
    E’ che ti stai convincendo che invece lo è.
    Perchè a tutti piace ripercorrere le stesse strade che abbiamo gia percorso. Pure quelle brutte. Sappiamo cosa ci aspetta e dove sono i ladroni che vogliono rubarci qualcosa. E quando ci arriviamo e ci danno la mazzolata fa meno male di prima.
    Gli psicologi la chiamano “coazione a ripetere”.
    Bene. Allora combattila.
    Ecco quello che voglio dirti.
    Combattila almeno una volta questo desiderio inconscio che hai di tornare dove sei gia stato sperando di sentire meno male che la volta prima.
    Combattila e magari scoprirai che il film che pensi di aver gia visto avrà un finale diverso da quello che ricordavi
    Io, noi, siamo qua per sostenerti.
    Davvero

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    1. Wish aka Max Autore articolo

      Eh lo so. E’ che come dico sempre agli altri, e come ho detto a me stesso quando mi è capitato, la morte delle persone vicine ci mette di fronte alla caducità della nostra stessa vita. E se sono i genitori, vale sempre il discorso che sono gli unici che hai. E non che non si voglia lasciarli andare, alla dipartita ci arrivo. Ma piacerebbe una dipartita serena, non da malato terminale. Ecco. Piacerebbe non passare attraverso medici e ospedali e lastre e insensibilità e tutto il cucuzzaro che si porta dietro un cancro. Ma pare che non si possa scegliere. E quindi, come diciamo nei bassifondi della Capitale, a chi tocca ‘n se ‘ngrugna. E’ toccato a me, e cerco di non ingrugnarmi. Grazie dell’abbraccio Cla’. Davvero.

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  9. bortocal

    rivivo, identica tranne che nei tempi, una mia storia di decine (oramai) d’anni fa: ero un ragazzino quando cominciò con mio padre, ero un giovane uomo quando si concluse 13 anni dopo con mia madre.

    e mi domando se questa ripetizione possa avere un significato positivo, almeno per te: dirti che la prima diagnosi di sei mesi di sopravvivenza per lui fu smentita da 18 mesi, invece? no, considerando che mesi furono…

    dirti che mia madre fu mandata a casa dicendo che non avrebbe passato la notte, e morì quattro anni dopo?

    non serve a molto, non solo perché ogni caso è una storia con una sua logica interna, o con una sua illogica, ma perché il problema non è la durata, ma il ritrovarsi di fronte a una debolezza che calpesta la nostra pretesa di vita.

    ti mando il mio abbraccio assieme all’eco del mio dolore risvegliato…

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    1. Wish aka Max Autore articolo

      “Una debolezza che calpesta la nostra pretesa di vita”, per l’appunto. Perché alla morte della persona vicina, che come dicevo sopra ci mette di fronte alla nostra che dovrà avvenire, si aggiunge la beffa dell’annunciazione.
      E cito anche “dolore risvegliato”, perché probabilmente è questo anche il problema. Il dolore che sta lì, nascosto, che hai accantonato, che si risveglia tuo malgrado e ti colpisce a tradimento.

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  10. pani

    “Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.”
    ecco,parafrasando Tolstoj direi che tutte le malattie sono simili ma ognuno le vive in una maniera particolare. Per questo mi associo a quanto dice masticone. A volte le pellicole dei film si possono anche bruciare, come succedeva una volta con i filmini super8. E vedere cose nuove, facce strane, bolle, un mondo diverso e forse anche arricchente.

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    1. Wish aka Max Autore articolo

      Eh sì. Il punto vero è che io mi sarei augurato per lei un fine vita più tranquillo. E probabilmente non lo sarà. Ma concordo, come già detto, con l’approccio di combattere il feeling di deja-vu, e quello di navigare a vista. Vedremo.

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  11. solounoscoglio

    non ho ancora chiaro se è più forte il dolore di perdere chi si ama e ci ama, piuttosto che vederli soffrire per la malattia. ammetto che nel dubbio ho desiderato per loro la dipartita.

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    1. Wish aka Max Autore articolo

      Ma certo. Ed è assolutamente corretto. Perché la qualità della vita è fondamentale. Se ti trascini avanti in una maniera in cui la sofferenza diventa l’unica compagnia, il gioco non vale la candela. Specialmente se la vita è stata sufficientemente lunga.

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  12. ammennicolidipensiero

    a lungo indeciso se commentare, sopratutto dopo la risposta ad albert: in queste situazioni, lavorare in ambito oncologico non aiuta, sicché ogni commento pare insensato, e poi sono oltremodo frenato dal fatto che non ci si conosca, che il dialogo sia solo virtuale. è una considerazione già fatta recentemente in relazione al post di un altro blogger. alla fine mi ero risposto che il sostegno e l’appoggio valgono ben più dell’incertezza. vale la stessa riflessione, per cui scrivo e, comunque sia, ti auguro il meglio possibile.

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  13. Francesca Q.

    Sono imperdonabile. Non avevo letto. Mi prenderei a fustigate per non averti abbracciato ancora più forte. Scusa. T abbraccio virtualmente adesso, ma tu sai che quell’abbraccio te lo voglio ridare realmente. Presto. Scusa ancora.

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  14. koredititti

    un commento ora che sicuramente è totalmente inutile.
    Conosco il problema per averlo vissuto sulla mia persona e su chi mi era vicino. La qualità della vita è fondamentale. i percorsi sono sempre diversi. i risultati forse no, però dopo è tutto diverso.
    un abbraccio.

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