La recinzione

cactusPer la serie “ma che davero” , come direbbe Johnny Palomba, o anche “ma allora sta proprio succedendo a me”, c’è una pazza furiosa che ha deciso di scrivere una recensione del libro. Sì, sì, quel libro. IL libro. “Niente è per caso”. Ed è solo l’ultima, ma non la meno importante, cosa bella che è accaduta, legata a questo libro.

Che sia pazza non v’è dubbio alcuno, solo una pazza potrebbe avere un cactus come avatar. Trattasi di mododidire, esimia collega ai discutibili, che una vena picchiatella ha dimostrato di averla già per il solo fatto di essere nel discutibile team, ma poi ci ha messo il carico da 11 chiedendomi addirittura di leggere il libro in anteprima (e s’è beccata il pdf perché la stampa è ancora in corso…), e alla fine ha prodotto quanto segue, già pubblicato in un post, ma che voglio riportare anche qui:

L’umanità di Niente è per caso è un’umanità perfetta. Io dico che non esiste, l’autore dice che è vera.

E forse abbiamo ragione entrambi perché nei racconti di Niente è per caso tutti hanno ragione e nessuno.

Diciamo allora che è sia vero che falso, che i personaggi sono perfetti e perfettibili, e proprio dentro la crepa di ognuno di loro si infila l’altro, che poi spesso non è un altro ma è se stesso.

I racconti sono piccole matrioske che saltan fuori senza pretese: “io? Un racconto?! Quando mi sono trasformato in un racconto?”

Qual è il passaggio da un pezzo di vita a un racconto? Da una giornata “no” alle sue metafore?

Ci hanno abituato a pensare che la risposta è dentro di noi, e il libro di Max ci dice che invece no, è fuori. È in qualcun altro in cui devi assolutamente scavare, o che ti passa vicino, ti sfiora e nemmeno te ne accorgi: in quel minuscolo spazio tra me, te, l’altro, l’altra, il passante c’è tutto quello che vuoi sapere (“e che non hai il coraggio di chiedere” diceva uno illustre).

Paolo, Anna, Alessandro, Eleonora, Bob, Tullio e tutti i protagonisti dei racconti hanno delle rivelazioni, così impercettibili e quotidiane che non possono neanche chiamarsi tali, risposte che non sono risposte, colpi di scena e colpi di testa che nascondono un tranquillizzante “è tutto inventato, ma non per questo è meno mio”.

È che gli autori a volte sono egoisti e spocchiosi, e la trama che hanno inventato devi sforzarti a immaginarla perché è appannaggio di menti superiori. Qui ogni trama è tua, puoi farci quello che vuoi, perché l’intimità del personaggio è (o può essere) la tua intimità, oggi, domani, o quando preferisci.

Anche nei racconti più fantascientifici – come Alba quantistica o Io ci parlo – la magia non spunta mai dalla perfezione dell’amore, piuttosto dal nero di seppia del dolore, o della stanchezza, o dell’immobilità.

Potrei dirvi, come si dice di molte opere di narrativa, che i personaggi del libro crescono… Ma non è così. I personaggi al contrario si rimpiccioliscono in un pugno, tirano fuori il peggio di sé, e cosa più difficile, si scrutano nel profondo, negli angoli in cui abbiamo paura di pulire perché non sappiamo cosa potremmo trovare. Li vedi piccoli camminare per strada, urlare invisibili a qualcosa che non ha orecchie, fino a che non capiscono, ascoltandosi, quello che desiderano davvero.

A quel punto diventano onnipotenti, su una strada di belle metafore, un percorso di poche righe che il lettore non può non invidiare.

La sensazione che si ha leggendo Niente è per caso è che non vediamo quotidianamente una serie di cose di cui dovremmo accorgerci, ombromini che ci camminano dietro, amori così sbagliati che diventano mortiferi, oppure – al contrario – ci ostiniamo a guardare quello che non c’è più concentrando energie in un buco nero da cui non ci vengono restituite.

Allora volare da un cornicione non è sempre male, mentre amare un marito defunto non fa sempre bene, la violenza fisica è devastante e risolutiva insieme, e quella vita o quell’amore che cerchiamo a tentoni davanti a noi ogni giorno può tamponarci in auto.

Niente è per caso. Capirlo è un esercizio quotidiano, una flessione del pensiero, l’addominale dell’istinto. L’autore è un bravo enigmista che impara insieme ai suoi personaggi quello che tutti dovremmo sapere: cioè che quando c’è da risolvere un problema, invece di entrare a testa d’ariete nei grovigli di vite non nostre, l’ideale è allontanarsi, guardare l’insieme e unire i puntini in centinaia di forme possibili.

Potrei chiudere con una battuta, con una sferzata di cinismo, ma non voglio proprio. E quindi mi limito a ringraziare, sorridendo.

Grazie, cactus. Grazie di cuore.

24 pensieri su “La recinzione

  1. Iaia

    no io.
    il pdf.
    non lo voglio.
    e neanche uno schermo.
    voglio proprio il libro tra le mani.
    voglio piangere dodici ore.
    e farlo ancora e ancora.

    Detto questo.
    sono emozionatissima.

    "Mi piace"

    Rispondi
      1. Iaia

        io so già pure che ricetta dedicarci.
        me la sono tenuta in caldo per ANNI.

        comincia per matriciana.
        e finisce per mango

        ( forse nuncesemocapiti. Io non faccio solo una recinzione 😀 Io tedio l'umanità finoallafinedeimieigiorni)

        "Mi piace"

        Rispondi
  2. elinepal

    Niente è per caso. Capirlo è un esercizio quotidiano, una flessione del pensiero, l’addominale dell’istinto. L’autore è un bravo enigmista che impara insieme ai suoi personaggi quello che tutti dovremmo sapere: cioè che quando c’è da risolvere un problema, invece di entrare a testa d’ariete nei grovigli di vite non nostre, l’ideale è allontanarsi, guardare l’insieme e unire i puntini in centinaia di forme possibili.
    Me lo hai spiegato in tutti i modi, ultimamente…. Vediamo se rileggendoti lo capisco, finalmente.
    Recensione bellissima.

    "Mi piace"

    Rispondi
  3. laura

    Daje!!!!! 😀 che bello e che bella la recinzione!
    immagino come ti abbia emozionato leggerla (ha emozionato anche me), se non sei riuscito a chiudere con una battuta (e hai fatto bene!)
    Lo voglio proprio “toccare” questo libro 🙂

    "Mi piace"

    Rispondi

Metti una goccia nel serbatoio