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In viso veritas

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Cari i miei 25 lettori, il blog per cui scrivo, anzi, il blog di cui mi onoro di essere un discutibile redattore, bandisce un concorso, in questo post trovate la presentazione, ma non è finita perché ci piace fare le cose in grande, quindi abbiamo un INTERO SITO dedicato!!! Che trovate a questo link. E’ un concorso sulla verità. Scrivete un racconto, da 4.000 a 10.000 battute (grazie ad adp per aver segnalato il refuso, avevo erroneamente scritto una cifra diversa… ma si sa che so’ rincojonito… :D). Con dentro la verità. Non importa come, non importa quando, non importa dove. Basta che ci sia la verità. E i migliori saranno pubblicati in un ebook gratuito. Daje, scrivete!!! Ah. Scadenza, 12 ottobre. Ma fate finta sia 12 agosto. Scriveteeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!! 😀

La recinzione

cactusPer la serie “ma che davero” , come direbbe Johnny Palomba, o anche “ma allora sta proprio succedendo a me”, c’è una pazza furiosa che ha deciso di scrivere una recensione del libro. Sì, sì, quel libro. IL libro. “Niente è per caso”. Ed è solo l’ultima, ma non la meno importante, cosa bella che è accaduta, legata a questo libro.

Che sia pazza non v’è dubbio alcuno, solo una pazza potrebbe avere un cactus come avatar. Trattasi di mododidire, esimia collega ai discutibili, che una vena picchiatella ha dimostrato di averla già per il solo fatto di essere nel discutibile team, ma poi ci ha messo il carico da 11 chiedendomi addirittura di leggere il libro in anteprima (e s’è beccata il pdf perché la stampa è ancora in corso…), e alla fine ha prodotto quanto segue, già pubblicato in un post, ma che voglio riportare anche qui:

L’umanità di Niente è per caso è un’umanità perfetta. Io dico che non esiste, l’autore dice che è vera.

E forse abbiamo ragione entrambi perché nei racconti di Niente è per caso tutti hanno ragione e nessuno.

Diciamo allora che è sia vero che falso, che i personaggi sono perfetti e perfettibili, e proprio dentro la crepa di ognuno di loro si infila l’altro, che poi spesso non è un altro ma è se stesso.

I racconti sono piccole matrioske che saltan fuori senza pretese: “io? Un racconto?! Quando mi sono trasformato in un racconto?”

Qual è il passaggio da un pezzo di vita a un racconto? Da una giornata “no” alle sue metafore?

Ci hanno abituato a pensare che la risposta è dentro di noi, e il libro di Max ci dice che invece no, è fuori. È in qualcun altro in cui devi assolutamente scavare, o che ti passa vicino, ti sfiora e nemmeno te ne accorgi: in quel minuscolo spazio tra me, te, l’altro, l’altra, il passante c’è tutto quello che vuoi sapere (“e che non hai il coraggio di chiedere” diceva uno illustre).

Paolo, Anna, Alessandro, Eleonora, Bob, Tullio e tutti i protagonisti dei racconti hanno delle rivelazioni, così impercettibili e quotidiane che non possono neanche chiamarsi tali, risposte che non sono risposte, colpi di scena e colpi di testa che nascondono un tranquillizzante “è tutto inventato, ma non per questo è meno mio”.

È che gli autori a volte sono egoisti e spocchiosi, e la trama che hanno inventato devi sforzarti a immaginarla perché è appannaggio di menti superiori. Qui ogni trama è tua, puoi farci quello che vuoi, perché l’intimità del personaggio è (o può essere) la tua intimità, oggi, domani, o quando preferisci.

Anche nei racconti più fantascientifici – come Alba quantistica o Io ci parlo – la magia non spunta mai dalla perfezione dell’amore, piuttosto dal nero di seppia del dolore, o della stanchezza, o dell’immobilità.

Potrei dirvi, come si dice di molte opere di narrativa, che i personaggi del libro crescono… Ma non è così. I personaggi al contrario si rimpiccioliscono in un pugno, tirano fuori il peggio di sé, e cosa più difficile, si scrutano nel profondo, negli angoli in cui abbiamo paura di pulire perché non sappiamo cosa potremmo trovare. Li vedi piccoli camminare per strada, urlare invisibili a qualcosa che non ha orecchie, fino a che non capiscono, ascoltandosi, quello che desiderano davvero.

A quel punto diventano onnipotenti, su una strada di belle metafore, un percorso di poche righe che il lettore non può non invidiare.

La sensazione che si ha leggendo Niente è per caso è che non vediamo quotidianamente una serie di cose di cui dovremmo accorgerci, ombromini che ci camminano dietro, amori così sbagliati che diventano mortiferi, oppure – al contrario – ci ostiniamo a guardare quello che non c’è più concentrando energie in un buco nero da cui non ci vengono restituite.

Allora volare da un cornicione non è sempre male, mentre amare un marito defunto non fa sempre bene, la violenza fisica è devastante e risolutiva insieme, e quella vita o quell’amore che cerchiamo a tentoni davanti a noi ogni giorno può tamponarci in auto.

Niente è per caso. Capirlo è un esercizio quotidiano, una flessione del pensiero, l’addominale dell’istinto. L’autore è un bravo enigmista che impara insieme ai suoi personaggi quello che tutti dovremmo sapere: cioè che quando c’è da risolvere un problema, invece di entrare a testa d’ariete nei grovigli di vite non nostre, l’ideale è allontanarsi, guardare l’insieme e unire i puntini in centinaia di forme possibili.

Potrei chiudere con una battuta, con una sferzata di cinismo, ma non voglio proprio. E quindi mi limito a ringraziare, sorridendo.

Grazie, cactus. Grazie di cuore.

Un padre zen

Tirare fuori persone dal virtuale è sempre bello.

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zenMi piace tirare fuori persone dal virtuale. Frequento il mondo virtuale da quando Internet così come la conosciamo adesso neanche esisteva. Per lungo tempo sono stato convinto che virtuale e reale dovessero rimanere separati, ma ultimamente ho cambiato opinione, e in alcuni casi, quando penso che ne valga la pena, cerco di portare nel mondo reale qualche conoscenza virtuale.

E no, non ve lo dico chi è. L era di passaggio a Roma, e ci siamo visti a pranzo, lui è venuto accompagnato da due bimbi, M, un maschietto di 4 anni, e B, femminuccia di 1 anno e mezzo.

E’ stata un’esperienza mistica. Sin da subito, debbo dire. L’ho visto che attraversava via Marsala, che è una via che costeggia la stazione Termini, e dopo l’uscita della stazione chi va piano la fa a 80, in quanto reduce dall’incazzatura feroce dovuta al rallentamento di minuti causa strozzature dovute a…

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Le recinzioni di Johnny Palomba – Sette anime

Sette anime. anche in audio.

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Che anfatti visto che stamo apparlà de finevita ho penzato che ‘sta recinzione ce stava a cecio. Si c’è quarcosa che nun capite chiedete ni’ i commenti. Una ve ‘a dico prima. Ammucchiasse: fare sesso energicamente.

 

setteannime

“SETTE ESPLOSE PER SETTE FEGATELLI”

chenfatti cestà uno daafinanza che però è bono e cià tutto undramma interiore eallora ancerto momento sengrifa de na mora che ciaveva ercore scaduto eallora lui è umpo’ ingrifato e umpo’ no perché cià tutta nacuestione nteriore interiorissima eallora poi va arompe icoiioni ingiro auno ceco anavecchia auregazzino eppoi va dalla mora cor core scaduto e ie dice tu me piaci perché ciai ercore scaduto e lei ie dice maché davero? eallora poi lui semette tipo addà ingiro aibbisoggnosi umpo’ de cose che sevede nuiestaveno più tipo che se leva locchi e lidà arceco seleva erfegato ipormoni ireni seleva amirza dà via ercervello sestacca le mani e…

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Fine vita – La suocera – Racconto di Wish

Sempre sul fine vita, tema della quindicina sui discutibili. Un racconto mio.

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Quando è stato il mio turno di scegliere il tema, ho scelto “Fine vita”, perché come si evince dal post del duello, è un tema che mi frulla per la testa da un po’. A tal punto, che avevo anche iniziato a scrivere un racconto. L’ho finito in questi giorni, eccolo qui.

Mentre usciva in punta di piedi, Daniela chiuse dietro di sé la porta della stanza di Matteo. Suo figlio aveva quattro anni, ma non rinunciava alla lettura della favola per addormentarsi, neanche per il riposino pomeridiano. Andò in cucina e si preparò un caffè. Da quando avevano la macchinetta espresso il consumo di caffè era leggermente aumentato, ma a Daniela il caffè piaceva, e si concedeva il piacere senza remore, visto il periodo che stava attraversando. Si sedette al tavolo della cucina e guardò fuori dalla finestra. Si vedeva il mare, e il caffè davanti al mare rappresentava…

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Fine vita – Duello Wish/Mododidire

Da questa settimana si inaugurano i “duelli”. Due posizioni opposte nello stesso post. Sui discutibili, where else?

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Il tema di agorabili di questa settimana è “Fine vita”. Vorremmo affrontare il tema della malattia, della lungodegenza, delle malattie degenerative, della sofferenza del malato e di chi gli sta intorno. Inevitabilmente quando si affronta questo tema si finisce per parlare anche di eutanasia, di dolce morte, di scelte del malato e di scelte del paziente.
Come riportato nella nota che annunciava la ripresa della pubblicazione sul blog, da questa settimana introduciamo il concetto di “duello”, con un post scritto a due mani, che presenta due opposti punti di vista. Gli altri discutibili, poi, sono caldamente invitati a prendere posizione, parteggiando per l’uno o per l’altro. L’idea è quella di stimolare la discussione, alla quale, come è ovvio e come auspichiamo, sono soprattutto invitati quelli che ci leggono.
Il primo duello è tra  Wish e Mododidire, in quest’ordine.
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Il pranzo, la pausa pranzo, per me è sacra. Nel…

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[The Others] Niente è per caso

Ho ricevuto un invito a scrivere un post da un blogger, l’ho fatto cercando di sintetizzare il Wish-pensiero. Ne è uscito un “pippone” dei miei… 😀

Il Bandolo del Matassa

Giocare a “fare il blogger” è un’esperienza curiosa – curiosamente interessante – piena di sorprese. Mi aspettavo che aprire un blog fosse un po’ come aprire una finestra: affacciarsi da un riquadro sul mondo, ma restando al sicuro fra le proprie mura, avere la possibilità di osservare pezzi di strada e di essere osservati, ma solo a mezzo busto, avere un canale nuovo di comunicazione, non molto intimo e un po’ urlato, ma a suo modo efficace perché colpisce tutti quelli che si trovano a passare. Non è così, è più complesso. Accadono cose, su wordpress, che non sono sempre uguali a loro stesse. E qualcuno dice che non sia per caso, perché “niente è per caso”. Wish aka Max me lo ha spiegato così:

Tutto nasce (apparentemente) per caso. Mi trovo sul blog di intesomale, e vedo una discussione con un certo swannmatassa, che si conclude con lui…

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La leggerezza

Cerchiamo di essere più leggeri

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Qualche anno fa ero uso trovarmi in auto tra le 8,30 e le 9 del mattino, ed ero un fedele ascoltatore di Golem. In realtà non è qualche anno, ne sono undici per l’esattezza, ché doveva essere il 2002, probabilmente. Golem era una trasmissione cult di Radio 1 Rai, che parlava di televisione ma anche di costume. Era condotta da Gianluca Nicoletti, che riempiva la trasmissione di acume e genialità. Ricordo la sua stigmatizzazione del “caso umano”, figura che iniziava ad affacciarsi nelle trasmissioni televisive di allora. Si trattava del poveraccio di turno chiamato a raccontare la sua storia con l’obiettivo di impietosire il “pubblico a casa”. Nicoletti ne fece un’esegesi memorabile. So che esegesi non è il termine appropriato, lo uso perché una delle caratteristiche di Nicoletti e di Golem era quella di trattare i mezzi di comunicazione moderni alla stregua di testi, e di qui l’estensione del termine.

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Le “recinzioni” di Johnny Palomba – Marcellino pane e vino

La prima recinzione pubblicata 😀

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Johnny Palomba è il critico cinematografico senza volto che ha adottato il romanesco come lingua per i suoi scritti e che con le sue ‘recinzioni’ ne dice di cotte e di crude sul cinema e lo spettacolo. E’ nato a Bogotà (Colombia) negli anni ’60.

E’ un personaggio simile a Luther Blissett, anche se su scala nettamente minore. Le sue recinzioni sono state lette da attori come Mastandrea, Favino, Giallini, Germano, tutti romani e tutti dotati di grande senso dell’umorismo.

Le recinzioni di Johnny hanno il titolo, un sottotitolo, e poi il pezzo. Alla fine, di solito una piccola morale, che riguarda un amico, il cuggino, o esperienze personali.

Un aiutino per chi non conosce il romanesco. “Stirà le zampe”, o semplicemente “stirà”, significa morire.

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Sagre e stato di diritto

Può una sagra essere indice di degrado istituzionale?

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Il mio buon amico masticone si è scagliato, in questo post, contro le sagre, che a suo dire, in un mercato “drogato”, portano via clienti ai ristoranti, tra cui un ristorante messicano in cui il buon Mast ha un interesse personale. Ecco, mentre l’ho seguito e ho concordato con le sue tesi sul modello, sul finto liberalismo e sul finto comunismo, sulle persone che non hanno letto Marx e via discorrendo, sullo specifico delle sagre non lo seguo. Ma non perché quanto dice non sia vero (anche se francamente faccio fatica a pensare che le sagre “sfilino” clientela ad un ristorante che ha una sua caratterizzazione ben precisa, se voglio mangiare messicano vado a mangiare messicano e me ne fotto della sagra, ma come detto, non è questo il nocciolo del problema), dicevo non perché quanto dice non sia vero, quanto piuttosto perché questi aspetti denunciati non sono specifici…

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