Riguardando il diario di viaggio di Amsterdam mi sono ricordato che ci sono due episodi che ho lasciato fuori. Volevo fare un update, ma poi ho pensato che tutto sommato meritavano dignità di post dedicato. Dicotomizzato, proprio come il titolo; che non ha granché senso senza questa spiega iniziale.
La prima metà del titolo è la prima strofa di una poesiola che mi ha insegnato un po’ di anni fa un membro della mitica Colonna Romana, un gruppo di motociclisti che ho frequentato un po’ in passato. E recita così
More er bue e l’asinello
More la pecora e l’agnello
More la gente con i suoi guai
Ma i rompicojoni nun morono mai
(more=muore, morono=muoiono, cfr Wish aka Max, “I bassifondi della capitale”‘, ed. Adelphimicacazzi)
Che è una bella metafora della vita, tutto sommato. L’ho recitata come un mantra per evitare di saltare addosso alla mia vicina di posto sull’aereo di ritorno da Amsterdam. Eravamo imbarcati, l’aereo un Airbus, file da tre sedili per lato. Io sul sedile che affaccia sul corridoio, sull’altra fila, sempre con affaccio sul corridoio, una biondina intorno ai 25 anni, forse meno, molto nervosa, chiaramente impaurita.
Io avevo sulle ginocchia tutti i miei aggeggi, Blackberry, iPhone, iPad e Kindle. Al momento dell’annuncio che bisognava spegnere i dispositivi elettronici “spengo” il BB (in realtà è uno standby), giro su On il Flight Mode di iPhone e iPad e li metto in stand-by, il Kindle non lo avevo ancora neanche aperto.
Vedo che la ragazzetta mi lancia sguardi preoccupati.
“Scusi” mi dice
“Sì?”
“Ha spento tutto?”
“Sì, ho messo tutto in stand-by e in modal…”
“Guardi che la hostess ha detto di spegnere”
“Guardi che non è proprio il primo volo che faccio, e le garantisco che…”
“A me non interessa, la hostess ha detto di spegnere. Hostess! Hostess!”
(ho pensato che ci sarebbe stato bene un “portace n’antro litro” – questa la capisce solo kuroko)
Lì ho cominciato a recitare il mantra, perché a me va bene tutto, ma che tu neanche accetti di confrontarti, neanche ti preoccupi di capire quello che ti sto dicendo, ma sei solo piena di boria e di certezze, cosa che per me, uomo del dubbio, è già fastidiosa di per se stessa, che tu non mi dai neanche un briciolo di rispetto, mi fa venire voglia di strangolarti. Alla quale, siccome faccio della tolleranza un valore, resisto. Con fatica, ma resisto. Finalmente arriva l’assistente di volo (ecco, che tra l’altro non si chiamano più hostess da lustri, per dire), alla quale spiega in modo concitato che io non ho spento i miei dispositivi elettronici.
L’assistente di volo si volta verso di me e mi dice “Li ha messi in Flight mode?” “Sì” “Sono in stand-by?” “Sì”.
Si volta verso la ragazzina e le dice “Tutto a posto. Piuttosto lei dovrebbe spegnere il suo iPod, grazie”
C’è una giustizia, in fondo…
E veniamo alla seconda metà del titolo, gli space muffins. Andando ad Amsterdam tutti, ma dico tutti tutti tutti, mi hanno nell’ordine:
- chiesto di riportare del fumo
- raccomandato di fumare
- dirmi che tanto era chiaro che andavo lì per quello
L’originalità è una dote in via di estinzione, mettiamola così.
Sta di fatto che dopo aver smesso 7 anni fa ho sempre pensato, e continuo a pensare, di essere comunque una persona “a rischio”. Nel senso che se fumassi nuovamente una sigaretta il rischio di ricominciare ci sarebbe. Nonostante tutto. E però andando ad Amsterdam come si fa? Come diceva l’amico di pani, “sono tornato ad Amsterdam e l’ho riconosciuta dall’odore”. Passando davanti ai coffee shop si sente l’inconfondibile aroma dolciastro della cannabis, e insomma. Insomma mi avevano detto che si potevano assaggiare i cosiddetti Space Muffins. E che anzi, erano fichissimi. Facevano ‘na cifra. E taccio per carità di patria la sorgente dell’informazione. E allora, insistendo e insistendo, perché la consorte si è dissociata da questo mio atteggiamento scapigliato e cccciovane, sono entrato in un coffee shop.
“Hi, do you have muffins?”
“We sure do, sir”
“I mean, ehm, with weed?”
“Sir, we ONLY have weed muffins”.
(Salve, avete muffin? Certo, signore. Intendo, uhm, con l’erba? Abbiamo SOLO muffin all’erba, signore)
Rassicurato da cotanta professionalità me lo sono comprato e mangiato. Era pure buono, al cioccolato. Morbido e gustoso.
Esco, e nulla. 15 minuti, e nulla. mezz’ora, un’ora, un’ora e mezza. Niente di niente di niente. NIENTE. Il vuoto cosmico. Inizio a pensare alle calorie inutili. Penso subito dopo che forse non era così farcito di weed. E che anzi, magari mi hanno fatto il pacco. Ok, mi dico. Va bene così. D’altronde se in Italia rifiliamo pacchi a tutti, beh ci sarà una reciprocità. Ma. Ma arrivati all’ora di pranzo, mentre ero in bagno per fare pipì, ho sentito l’inequivocabile odore che viene dai coffe shop! Quindi c’era eccome la weed! E allora chissà: forse mangiata anziché fumata fa un effetto differente, forse essendo che pur dimagrito peso sempre i miei porci 81 kg e quindi magari ce ne vuole di più, forse con l’età fa meno effetto… Che ne so?
Però, e l’ho scritto anche su faccialibro a caldo, il prossimo che mi dice che gli Space Muffins sono una figata gli spacco la testa. In otto parti uguali.