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La scrittura richiede lavoro

snoopy

Mi sono iscritto ad una scuola di scrittura. Ed è un’esperienza meravigliosa, uno dei pochi raggi di luce in un periodo che continua a restare buio, prevalentemente. Due ore a settimana di pura evasione, ma evasione non futile, evasione creativa.

Sto imparando tante cose, la prima per importanza è una citazione attribuita a Hemingway: “The first draft of anything is shit”, che suona più o meno “La prima stesura di qualsiasi cosa è merda”. Ed è da qui che ho pensato al titolo, perché la seconda cosa che ho imparato è che togliere è assai più importante, e assai più difficile, che scrivere. E sto pian piano entrando in una modalità differente. Quella del rivedere, del rileggere, del riguardare. Del togliere, per l’appunto. Sfrondare, alleggerire, tagliare, eliminare. Buttare via frasi che erano costate sudore, togliere parole che non suonano.

Il ritmo, e la struttura in tre atti: Sergio Donati, sceneggiatore di “C’era una volta il west”, per citare uno tra i tanti lavori, dice che nel primo atto lo scrittore fa salire il personaggio su un albero, nel secondo atto lo prende a sassate, e nel terzo atto lo fa scendere dall’albero. Se scende vivo è una commedia, se scende morto è una tragedia. Che ricalca straordinariamente quanto mi insegnavano a scuola per fare i temi: introduzione, parte centrale, conclusione. Solo che per raccontare una storia che interessi è necessario che nell’introduzione succeda qualcosa, si descriva la situazione di partenza, la salita sull’albero, per l’appunto. Nel secondo atto si devono creare delle difficoltà, l’interesse dei lettori è catturato dalla variazione, non dalla stasi. E nel terzo atto, si capisce come il personaggio ha reagito alle difficoltà del secondo atto, scendendo vivo o morto dall’albero. In tutto questo, il ritmo deve mantenersi costante, non può essere incalzante e poi rallentare, per poi magari tornare incalzante. E niente trucchetti. Un racconto di uno dei partecipanti al laboratorio che faceva capire solo nell’ultima frase che la voce narrante era quella di un gatto è stato bocciato senza appello. Il lettore crederà a qualunque cosa, ma solo se condotto in un percorso logico, o quasi, perché se si cattura l’attenzione del lettore, lo si prende per mano e lo si porta dove si vuole, anche in mondi fantastici che rivoltano le leggi della fisica. Ma tutto deve avere un senso, e soprattutto deve essere scevro da inganni e trucchetti, come dicevo. Non bisogna giocare sporco. Tutto deve essere chiaro, anche perché di norma il racconto narra la cosa più importante che accade nella vita del personaggio. Altrimenti che racconto è?

Ho imparato anche che serve leggere il proprio lavoro davanti a tutti. Perché leggendo a voce alta a qualcuno che ascolta, è come se si uscisse dal proprio corpo e da autore ci si trasformasse in lettore. E’ una sorta di metempsicosi, ma leggendo a voce alta ad un uditorio che ascolta, si colgono imperfezioni, parole sbagliate, frasi deboli, cali di ritmo, che in cento riletture fatte con gli occhi non si erano visti.

E infine, ho imparato che c’è un sacco di gente che scrive da dio. Ed è un piacere ascoltare quello che scrivono.