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Cut the whining

Maschera-sorridenteIeri sono stato richiamato all’ordine. Mi stavo lamentando, e mi è stato detto “Dov’è finito il “devi essere piuma”? C’è una vita sola, lo hai scritto e ripetuto mille volte anche tu. Perché devi concentrarti su quello che non ti piace? Va avanti, ridi e vivi, l’hai scritto nel tuo post. Devi essere convinto di quello che dici”. Sdeng! Badilata in mezzo ai denti. Chi di Tao ferisce, di Tao perisce.

E stamattina, manco a farlo apposta (poi dice perché stai tanto a menarla con il “niente è per caso”) un caro amico mi scrive in merito a una sua particolare situazione piuttosto complessa, e mi dice “il film che dura un’ora e mezza è bello quelli che durano tre ore se non sono capolavori stuccano”. E quando dico piuttosto complessa, intendo un bordello epocale, a petto del quale le mie ubbie sono tutto sommato poca cosa, su un piano squisitamente pratico. Poi, se si tratta di cuore, diventa un problema di sensibilità personale, ma anche qui, conosco sufficientemente il mio amico per poter dire che ha il cuore straziato quanto e probabilmente più di me.

E quindi, è ora di piantarla. E’ ora di mettersi una bella maschera, come dice Iaia. Oppure di trovare uno stratagemma. Un po’ di tempo fa me ne era stato suggerito uno, quello di fingere di essere un altro finito nel mio corpo per caso. L’idea nasce da una serie americana, Quantum Leap, nella quale uno scienziato, nel corso di sperimentazioni per viaggiare nel tempo, si trova trasportato nel corpo e nella vita di una persona sconosciuta, e deve risolvere dei problemi specifici per poter proseguire il viaggio. Ovviamente non sa nulla della persona nel corpo della quale si trova, e che controlla completamente, e deve capire e agire in una sorta di blind date (appuntamento al buio, così Lina non googla) con situazioni, ai fini della serie, ovviamente divertenti e paradossali.

Il problema è che io non riesco a cancellare il passato. Sono troppo ancorato a quello che ho fatto e detto. Sarebbe bello, un colpo di spugna e zac! Tutto dimenticato. Che ne so, magari qualcuno ci riesce pure. E riesce a guardare le cose con freddezza. Io un po’ meno. Però posso provarci.

Insomma: un po’ maschera, un po’ new personality, alla fine torno. Così mi tolgo questa patina di tristezza e, come diceva Petrolini (vabbè lui si riferiva a Roma, absit iniuria verbis), ritornerò più bello, e più superbo, che pria! Bravo! Grazie! Chè poi tra l’altro domani è il genetliaco. La buona notizia è che la somma delle cifre è 9. Che è un bel numero, mi piace e ben si coniuga con un discorso di perfezionamento che sto portando avanti. La cattiva notizia è che non è 18, né 27, né 36, e neanche 45.

La conclusione è che bisogna cercare di vivere al meglio, nonostante i problemi, bisogna cercare di stare bene con se stessi. Tanti anni fa c’era una pubblicità di un deodorante, che diceva “Io sto bene con me stessa, perché io sto bene con Bac”. Magari basta cambiare deodorante?

Di funerali e di riti di passaggio

Più leggero di una piumanuvoloso. uggioso. traffico. arrivo. cerco parcheggio. due giri dell’isolato. trovato. due, trecento metri a piedi. marione il male, tomcat, virago. abbraccio. come va. eh. così. entro. gremito. età media bassa. impressionante. icaro avanti. maxgrip. don diego. monkey. kato. harley. baiocca. non ricordo gli altri nick. andrea. lo vedo. c’è tutta colonna romana. prete. no preti. sono in tre. concelebrano. omelia. parole. parole. parole. vuote di significato. forse non ci crede neanche lui. parla di fabrizio. dovrebbe parlare di wasabi. o di fuffone. finisce. continua la messa. dotta spiegazione su incenso e benedizione. benedizione. bara sulle spalle degli amici. applauso. non li conosco tutti. icaro grippolo andrea. loro conosco. icaro straziato. fuori. esce il padre. è lui che conforta chi lo saluta. straordinario. immenso. abbracci. parole smozzicate. sampei. gli dico che wasabone avrebbe voluto sorrisi e risate. motociclisti si allontanano. motori a mille. il bicilindrico di icaro su tutti. e datejelo. e datejelo quer gas. applauso. via. andato. e questa volta è addio.

L’ho vissuto così, il funerale di Fabrizio. Sincopato, con un ritmo serrato. Il tempo passava veloce e al tempo stesso si era fermato. Le parole del prete scendevano su una massa di persone impietrite. Ascoltavo quello che diceva e ripensavo al funerale di mio padre. Fino al funerale di mio padre avevo sempre professato la totale inutilità del funerale, e anzi la sua dannosità. Nel senso che pensavo ad un inutile riapertura di ferite che iniziavano a rimarginarsi. Ma quando è stata la volta di mio padre, ho capito che è un rito di passaggio. Che serve a salutare. Che serve a condividere il dolore con persone che hanno condiviso affetto per una persona. Che fa stare meglio dopo. E questo è successo. L’affetto si sentiva tutto. E il dolore anche. Tutto.

E a proposito di riti di passaggio, prendo a prestito quelli degli antichi egizi. Era il dio Anubi a decretare se il defunto avrebbe avuto o meno il via libera verso il regno di Osiride. E questo via libera veniva dato soltanto se l’anima del defunto fosse risultata più leggera di una piuma. Ecco, io sono certo, citando una felice immagine di Marione il Male, che la grossa e pelosa anima gentile di Fabrizio pesi molto meno di una piuma.

Addio Fabrizio.

UPDATE
Sampei ha registrato un video di quello che ho definito “motori a mille”. Lo aggiungo volentieri, con una precisazione. Chi non ha la moto non capirà. Io stesso pensavo che mi avrebbe infastidito. Ma quel momento è stato un momento di grandissima commozione. E sono sicuro che Fabrizio avrebbe apprezzato. Perché sentire il tump-tump del bicilindrico mischiarsi col wroom del quattro cilindri, con scarichi aperti, è un’emozione che solo chi ha la motocicletta riesce a sublimare. Chiedo scusa ai non motociclisti quindi, e chiedo sommessamente di cercare di comprendere.