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Di funerali e di riti di passaggio

Più leggero di una piumanuvoloso. uggioso. traffico. arrivo. cerco parcheggio. due giri dell’isolato. trovato. due, trecento metri a piedi. marione il male, tomcat, virago. abbraccio. come va. eh. così. entro. gremito. età media bassa. impressionante. icaro avanti. maxgrip. don diego. monkey. kato. harley. baiocca. non ricordo gli altri nick. andrea. lo vedo. c’è tutta colonna romana. prete. no preti. sono in tre. concelebrano. omelia. parole. parole. parole. vuote di significato. forse non ci crede neanche lui. parla di fabrizio. dovrebbe parlare di wasabi. o di fuffone. finisce. continua la messa. dotta spiegazione su incenso e benedizione. benedizione. bara sulle spalle degli amici. applauso. non li conosco tutti. icaro grippolo andrea. loro conosco. icaro straziato. fuori. esce il padre. è lui che conforta chi lo saluta. straordinario. immenso. abbracci. parole smozzicate. sampei. gli dico che wasabone avrebbe voluto sorrisi e risate. motociclisti si allontanano. motori a mille. il bicilindrico di icaro su tutti. e datejelo. e datejelo quer gas. applauso. via. andato. e questa volta è addio.

L’ho vissuto così, il funerale di Fabrizio. Sincopato, con un ritmo serrato. Il tempo passava veloce e al tempo stesso si era fermato. Le parole del prete scendevano su una massa di persone impietrite. Ascoltavo quello che diceva e ripensavo al funerale di mio padre. Fino al funerale di mio padre avevo sempre professato la totale inutilità del funerale, e anzi la sua dannosità. Nel senso che pensavo ad un inutile riapertura di ferite che iniziavano a rimarginarsi. Ma quando è stata la volta di mio padre, ho capito che è un rito di passaggio. Che serve a salutare. Che serve a condividere il dolore con persone che hanno condiviso affetto per una persona. Che fa stare meglio dopo. E questo è successo. L’affetto si sentiva tutto. E il dolore anche. Tutto.

E a proposito di riti di passaggio, prendo a prestito quelli degli antichi egizi. Era il dio Anubi a decretare se il defunto avrebbe avuto o meno il via libera verso il regno di Osiride. E questo via libera veniva dato soltanto se l’anima del defunto fosse risultata più leggera di una piuma. Ecco, io sono certo, citando una felice immagine di Marione il Male, che la grossa e pelosa anima gentile di Fabrizio pesi molto meno di una piuma.

Addio Fabrizio.

UPDATE
Sampei ha registrato un video di quello che ho definito “motori a mille”. Lo aggiungo volentieri, con una precisazione. Chi non ha la moto non capirà. Io stesso pensavo che mi avrebbe infastidito. Ma quel momento è stato un momento di grandissima commozione. E sono sicuro che Fabrizio avrebbe apprezzato. Perché sentire il tump-tump del bicilindrico mischiarsi col wroom del quattro cilindri, con scarichi aperti, è un’emozione che solo chi ha la motocicletta riesce a sublimare. Chiedo scusa ai non motociclisti quindi, e chiedo sommessamente di cercare di comprendere.

Ciao Fuffone

F2Ho parlato qualche volta del mondo dei motociclisti. Ci sono persone di tutti i tipi. La maggior parte sono un po’ sbruffoni, nei bassifondi della Capitale si dice che “se la sentono calla”, si credono tutti i padroni del mondo, pensano di essere dei piloti sopraffini, di averne sempre di più.

A volte invece capita di conoscere qualcuno che esce da questo stereotipo. Capita di conoscere una persona che fa dell’allegria, dello scherzo una filosofia di vita. Uno che la leggerezza ce l’ha dentro. La leggerezza intesa nel senso nobile e puro del termine, la capacità di non prendersi sul serio, la capacità di relativizzare, la capacità di cogliere l’attimo e vivere la gioia di un momento.

E lo vedi, lo vedi e te ne accorgi da tante piccole cose. Lo sguardo sempre diritto nei tuoi occhi, per cominciare. L’abbraccio, stretto e secco, come a dirsi reciprocamente che sì, siamo amici. E ci piace sottolinearlo, con un abbraccio. E il sorriso. Il sorriso che è un sorriso a pieno volto. Che parte dalla bocca ma si estende a tutto il viso, e specialmente agli occhi. E la risata. La risata su una delle millemila battute, su una delle millemila prese in giro. Con un micro-ghigno appena accennato che diventa una risata poderosa, piena e sentita.

E uno bravo. Bravo a guidare, bravo a consigliare, disponibile e cortese, sempre e comunque. Ci siamo trovati varie volte a Vallelunga, ed è stato sempre un grandissimo piacere. E ho sempre imparato qualcosa.

F6Fabrizio, detto Wasabi. Ma soprattutto Fuffone. Fuffone perché sembra un orsacchiotto. Un orsacchiotto che gioca a fare il brontolone. E Fuffone se n’è andato. Se n’è andato la notte scorsa, sulla Cassia. Ha perso il controllo della moto, chissà, forse era umido, forse le gomme erano fredde, vai a sapere, vai a capire. Sta di fatto che (mi dicono) ha preso un guardrail, uno di quegli stramaledettissimi guardrail che ne hanno ammazzati a vagoni, di motociclisti. Dicono che era l’una di notte.

E in quest’era di comunicazione globale, l’ho saputo indirettamente via facebook. Ho visto un paio di stati che parlavano di un Fabrizio, non ho proprio immaginato. Ho googlato sulle news, e PAM! Sul Messaggero. Ho chiamato un amico, abbiamo condiviso l’incredulità. 43 anni. Non si può. E’ difficile da accettare, è difficile farci i conti. Soprattutto per quel che dicevo poc’anzi. Perché quando uno ha la gioia di vivere dentro diventa difficilissimo pensare che possa non esserci più. E non voglio cedere alla tentazione di raffigurarmelo in un qualche paradiso dei motociclisti. Perché sarebbe poco rispettoso nei suoi confronti. Voglio piuttosto pensare all’entanglement, al collegamento, al fatto che anche se non c’è è come se ci fosse, e che fa parte dell’universo proprio come prima. Però duole. Il cuore, duole tanto.

Ma io quel sorriso me lo ricorderò finché avrò fiato in corpo. E voglio inserire qualche foto di come ricordo di averti visto quando abbiamo girato insieme. Sono contento di averti incontrato. E non ci riesco ancora, a credere che te ne sei andato.

Ciao, Fuffone.

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