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Cippi 2 – La dottoressa magistrale

arcofrecciaCome si fa a descrivere Cippi in un post? Non basterebbe un romanzo. Innanzitutto chiariamo un punto, Cippi è un diminutivo. Il nome completo è CippiCiappiDellaCasa. Svelati questi piccoli altarini (vedo Cippi che legge il post e le prende un colpo…) sveliamone anche altri. Cippi ha lo stesso, IDENTICO sorriso del nonno. Quel sorriso birichino di quando viene “tanata” su una marachella, o quando una sua battuta coglie nel segno.

È difficile per me parlare di una figlia senza parlare dell’altra. E mi rendo conto che sono così simili e così diverse, così uguali nel profondo, nei valori fondamentali, e così differenti nelle vicende di tutti i giorni. E non posso non cedere ad un moto di orgoglio, orgoglio per il solo fatto di avere la fortuna di essere il loro padre. E, forse, di aver dato loro un po’ di esempio.

Ma questo è il post di Cippi, e di Cippi bisogna, anzi, è doveroso, parlare.

Nella terza pagina della tesi ci sono due parole, cinque lettere in totale. E siccome Cippi non è esattamente una tecnologa, quelle due parole le ha fatte scrivere a me. Una mattina, mentre stavamo finendo il lavoro, mi dice: “Vai dopo il titolo, la pagina successiva”. Io non capivo, per cui vado con Word dove mi ha chiesto. “Metti una interruzione di pagina”. Obbediente, inserisco una nuova pagina. “Metti la formattazione con allineamento a destra”. Lo faccio. Non immagino nulla, solo non capisco perché tutto questo mistero, con istruzioni date momento per momento. “Metti tre righe in bianco”. Semplice, tre Return e via. “Scrivi”. “Cosa?” Rispondo io. “A papà”, mi dice lei, semplicemente e naturalmente, così come è lei. E io mi sono bloccato, mi è scesa la lacrima, e non sono riuscito a scrivere. L’ho abbracciata. E poi ho scritto.

La storia di questa tesi è interessante. Ho messo a disposizione le mie conoscenze informatiche, la conoscenza di Office, e in particolare di Excel, il che ha consentito di elaborare dei dati in modo non convenzionale. Questo è stato il valore aggiunto che ho portato. Insieme con la conoscenza di una persona che si occupa professionalmente di grafica, che ha svolto un ruolo fondamentale nella preparazione della copertina. Ma il grosso del lavoro, le ricerche bibliografiche, le note, il testo, le conclusioni, è stato fatto da Cippi. Cippi ha dei tratti caratteriali molto, molto simili ai miei. È un project manager, perché se si mette in testa una cosa la ottiene, se si dà un obiettivo lo raggiunge, con caparbietà e con determinazione. E questo ha dimostrato, negli ultimi sei anni. Ingoiando quello che non avrebbe mai immaginato di ingoiare, crescendo e comprendendo i rapporti interpersonali, gli equilibri necessari per relazionarsi in un rapporto professionale. E Cippi è come me anche nel non avere tanti desideri. Ma quei desideri sono importanti. Un desiderio che sono strafelice di aver realizzato per lei è l’orologio,. Lei, come me, ama un orologio. Un orologio particolare. Caso strano, è identico al mio. E sono contento che glielo abbiamo regalato. È grande, la Cippi. È donna. Anzi, Donna, con la d maiuscola. È cresciuta, è pronta. Pronta per costruire. Mi piace pensare che l’esempio, quello che le ho insegnato, è per l’appunto che la vita è solo una cosa: costruire. Vai Cippi, vai. Io e mamma siamo l’arco, ma TU sei la FRECCIA. Vola. È ora. Ti voglio bene, ma questo lo sai.

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La mia bambina

Avevo già parlato della dottoressa Cippi, il giorno della sua laurea. Che era triennale, ma ha contato come una quinquennale o più, se non altro perché era la prima. Ora a fine anno toccherà la magistrale, e sarà un’emozione ancora diversa. Sta di fatto che ieri si è laureata anche Duli, così la chiamiamo a casa, da quando l’ho portata in macchina, trasportandola nel suo baby-pullman, una mattina di fine marzo, uscendo dal Policlinico Gemelli. E questo le ho detto e ripetuto, oggi. Che dovunque andrà, qualunque cosa farà, qualsiasi traguardo raggiungerà, lei sarà sempre la mia bambina.

Si è ripetuto il rito di passaggio. Uguale ma diverso. Sono così uguali ma così diverse, le mie bambine. Due donne straordinarie. Due giovani, bellissime donne. Belle fuori, ma soprattutto belle dentro. Ricche di valori, ricche di talenti, ricche di umanità. Due belle persone.

E oggi, vedere Duli che rintuzzava la domanda trabocchetto del professore, con una proprietà di linguaggio e un uso della lingua che io sono un dilettante al confronto, sicura, spedita, determinata, senza un tremito nella voce, senza un’esitazione, senza una sbavatura, è stato sublime.

Ci sono un po’ di immagini. Una è con me, mentre le tengo la mano. O forse è lei che la tiene a me. Ha delle belle mani, la dottoressa Duli, e abbiamo avuto un minuto di totale intimità, e non sapevo di essere fotografato. Le altre sono il simbolo della giornata, perché se devo dire cosa ricorderò di più, subito dopo l’intensità della proclamazione, è il rumore delle risate.

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