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Non ho un titolo

Il bucoNo. Non ce l’ho un titolo. Ho bisogno di scrivere però, un bisogno quasi fisico. Avrei bisogno di correre. Tanto bisogno. Ma la schiena non me lo consente. L’osteopata dice che non dipende dalla corsa. La mia amica appassionata di bioenergetica dice che c’è una relazione con qualche situazione. Boh. Se mi chiedono come sto rispondo che ricordo periodi molto più allegri della mia vita. Il buco è lì. Mi chiama, incessantemente, da giorni e giorni. E’ una sirena. Invitante, sinuoso, assume le forme che più mi piacciono, perché sa come piacermi. Sa come farsi piacere.

Resisto. Non so neanche io perché. Ho in testa questo stereotipo del sopravvissuto, del sopravvivere. O sottovivere, come dice con felice intuizione mia sorella. Tutto va bene, niente va bene. Situazioni intrecciate, complicate, sembrano dipanarsi poi si riaggrovigliano. Un groviglio di emozioni. Morsa allo stomaco, bentornata ansia. Era un bel po’ che non ci si vedeva. Sì sì, anche tu a invitarmi, a dirmi quanto è bello il buco. Sveglia nel cuore della notte, occhi sbarrati, il cuore che batte forte. Un sogno che sfugge via come una coperta tirata da un gatto attraverso la porta, provo a buttarmi per raggiungerlo, l’ho quasi preso ma mi sfugge, va via senza consentirmi di capire. Di ricordare. Di rivivere.

Quanto vorrei correre. Sentire il respiro, controllarlo. Espirare fino in fondo, svuotare i polmoni. Creedence nelle orecchie. Pensieri in libertà. Come piace a me, senza obbligo di imbrigliare codificare organizzare mettere in fila. A briglia sciolta, associazioni improbabili, voli. Volare via, andare tornare venire. Esserci ma non esserci, presente a me stesso ma fuori. Uno stato coscienziale superiore. Dal quale attingere energia positiva. Ecco, è quella che manca. Sì, cara ansia. Proprio quella. Pensavo di non rivederti sai? Mi ero quasi dimenticato di te. Quasi. La parola chiave. Sempre quasi. Guardo una scatola bianca e blu. La metto via. Poi la riprendo. Poi la metto via. La metto via. Fino a quando?

Chiacchiere al telefono. La moglie di un amico. Mi dice che lui ha un mieloma midollare. Cerco su Internet. Non si capisce un cazzo. Neanche quale. Di tanti che ce ne sono di mielomi. Si dirà mielomi? Plurale? Chissà. Quasi coetaneo. Lei dice che lui ha reagito male. Strano, penso io. Ti dicono che devi morire e tu reagisci male. Mi domando quanto gli resti. Mi domando cosa penserei io. Mi dico che ecco, sono questi i problemi, e allora che cazzo vai cercando. Mi rispondo serenità. Accoglienza. Meno badilate in faccia.

E alla fine. Per oggi niente buco. Un post anti-buco. Domani vedremo. Altro giro, altro regalo. Altro giorno, altro espediente.

Six gone, six to go

Sono andato a fare il controllo dalla dietologa. Risultato netto, -6. Tutto il peso perso di massa grassa, quindi incremento di massa magra e liquidi. Un risultato eccellente, quasi al di là delle mie aspettative. Non di quelle della dietologa, che mi aveva preannunciato che se fossi stato alle regole i risultati sarebbero arrivati.

Camminata mattutina, due fette biscottate con un velo di marmellata a colazione, di feriale insalatona o carne a pranzo e carne o uova/prosciutto/wurstel di tacchino a cena, accompagnati da verdura e frutta. Nel weekend pasta a pranzo e pesce a cena. I quantitativi sono da bambini, ma debbo dire che nel complesso non ho sofferto la fame. La frutta fa tanto, e soprattutto sto cercando di rimodulare la mia testa in modo da accompagnare sempre con verdura e frutta i pasti, in modo da non sfinirmi di pastasciutta o di carne. O di tutti e due 😀

La scorsa domenica, complice un umore non proprio sereno, dopo pranzo mi sono avventato sulle fette biscottate. Apro una piccola parentesi per i tre (dei quattro) lettori non romani che non conoscono il biscottificio Gentilini. Lo stabilimento si trova a Roma, sulla Tiburtina, e per tradizione serve prevalentemente il mercato romano. Non c’è coetaneo che non conosca i Novellini e gli Osvego, biscotti che accompagnano ancora oggi le infanzie di molti. Le fette biscottate Gentilini non sono fette biscottate normali. Sono dei veri e propri dolcetti, c’è financo la scorza di limone che si sente in sottofondo. Insomma una delizia.

Ebbene, come dicevo mi sono avventato sulle fette biscottate e me ne sono spazzolate otto. La sera ho raccontato questo episodio alla dottoressa Cippi, la quale mi ha detto “Papà ma non ti rendi conto di come sei cambiato? Ti senti in colpa per otto fette biscottate, quando un mese fa ti spazzolavi due etti di amatriciana con la sugna senza battere ciglio!”. E in effetti debbo dire che la motivazione in questo momento è molto forte, come sempre quando gli sforzi pagano.

E mi dà anche molta soddisfazione la mia camminata mattutina, mi sono attestato sui 40 minuti con percorrenze che variano dai 4,5 ai 5 km. Il che significa camminare molto velocemente, con ritmo sostenuto e passi molto lunghi. Il che richiede un certo livello di concentrazione, e mi fa iniziare la giornata meglio. Certo serve tanto tempo. Perché tra camminata, stretching, attesa per smettere di sudare, se ne va via più di un’ora. Non mi spiace alzarmi presto, però se mi capita di restare a letto oltre le 6.30 sono costretto a saltare l’esercizio. E credo che sarà più difficile d’inverno, quando è buio la mattina e magari piove. Sarebbe importante continuare, speriamo bene.

Chiudo con due bellissimi video.

Il titolo del primo è “This is our planet”. Una raccolta di immagini da satellite contenenti le luci notturne, l’aurora boreale, e tante belle viste diurne. Un piccolo capolavoro, pubblicato da un diciottenne.

Il secondo è in inglese (perdono) e spiega con dei cartoni molto ben fatti che cosa mai sia il famoso Bosone di Higgs, la cosiddetta “particella di Dio”. Buona visione.