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Voragine

Più o meno un anno fa avevo scritto un post dove si parlava di malinconia. Era gennaio. E inizio a pensare che io abbia qualche problema con questo mese, perché oggi è stata un’altra di quelle giornate.

Non è il buco, né un prodromo all’entrata nel buco, perché non c’è ansia, che del buco è un classico. E però questa sensazione è quasi peggio, perché è molto, molto più intensa.

E’ un baratro. Una voragine nera e scura che inghiotte tutto. Un gorgo di tristezza inconsolabile, senza alcuna reale ragione, senza una causa scatenante, senza un vero perché. Mi sento travolto, completamente annientato e schiacciato da mura che mi si richiudono addosso.

Dico spesso che è necessario concentrarsi sul presente, e viverlo per quel che è. Ecco, questa onda di tristezza è come se cancellasse il presente, e oscurasse completamente il futuro, per lasciare solo spazio al passato, ma solo a quella parte di passato che contiene i rimpianti e i brutti ricordi.

Stamattina andava quasi bene, sono anche andato ad allenarmi, e nonostante un po’ di dolore al muscolo infiammato, sembrava una buona giornata. Poi la tristezza è iniziata a montare, il baratro si è aperto, e ho iniziato a sprofondare, sprofondare, sempre più giù.

Ora la voragine si è richiusa, pare. E speriamo che tale resti.

Quando un prete e un ragazzino ti insegnano qualcosa

ADG-funeraleIeri sono stato ad un funerale. E’ morto un collega, con lo scooter, all’ora di pranzo. Su una strada che io ho percorso centinaia di volte, con tutti i mezzi e a tutte le velocità possibili, anche molto, molto oltre le prescrizioni del codice. Una strada dove non riesco a capacitarmi che possa succedere qualcosa, visto che è un gigantesco rettilineo. Forse il vento, che era forte, forse una distrazione, chissà. C’erano tantissimi colleghi, com’è ovvio, e com’è altrettanto ovvio e come sempre accade in questi casi, si parlava dell’accaduto. Due considerazioni, delle tante ascoltate, mi hanno colpito. Una relativa all’età, a 47 anni è “una vita lasciata a metà”. E mi ritrovo molto in questo, perché a 47 anni, con due figli di 14 e 10 anni, di cose da fare, da dire, da insegnare, da sperimentare, ne hai ancora tante. L’altra relativa alla moglie, compagna di vita, che lo saluta la mattina, totalmente inconsapevole del fatto che sarà l’ultimo saluto. E ho pensato al non detto, alle piccole miserie umane quotidiane che ci occupano la mente in modo così intenso, deviando la nostra attenzione dai fondamentali. E alla tortura costituita dal pensiero di tutto quello che avrebbe voluto dire, di tutto quello che avrebbe voluto fare, dei sospesi che rimarranno tali, dei gesti inespressi.

Il prete è una persona intelligente. Due cose mi hanno favorevolmente impressionato. La prima è l’omelia, nella quale non si è lanciato in voli pindarici, ma si è limitato a leggere. Ha letto un passo di una pièce teatrale, “Processo a Gesù”, di Diego Fabbri, che riporto in fondo al post, se qualcuno la vuole leggere. Nel pezzo che ha letto si parla di una persona che racconta il dramma di perdere una persona cara nel fiore degli anni, nel suo caso un figlio, e del processo di identificazione con la figura sacra prima, e di consolazione nella religione poi. Un pezzo sobrio, senza sentimentalismi eccessivi, senza richiami dogmatici. Un pezzo consolatorio. E poi ha letto delle cose molto personali, che riguardavano un pellegrinaggio fatto con loro. Si vedeva che c’era una conoscenza profonda, e si sentiva tutta la sofferenza dell’uomo, costretto a esercitare un ruolo che non avrebbe voluto svolgere, in quel momento. Non mi capita spesso di esprimere giudizi lusinghieri sui preti, ma questo mi è sembrato una gran bella persona.

E per l’appunto, l’altra cosa che mi ha colpito è che alla fine della messa ha riferito che in molti gli hanno chiesto di parlare e di dire delle cose, ma che quel giorno avrebbe lasciato la parola solo (cito testualmente) “a Luca, al grande Luca”, il figlio. 14 anni, come detto. Un bel gesto, di grande rispetto per la famiglia. E Luca è veramente un grande, ci ha impartito una lezione di umanità straordinaria. Ha parlato della sua sofferenza, ma anche della speranza. Dell’odio per la divinità, ma anche della consolazione. In un discorso di pochi minuti ha riassunto tale e tanta di quella saggezza da lasciare tutti a bocca aperta. E io mi auguro che la fede sia per loro un sostegno, un sostegno che li aiuti ad andare avanti e a non cadere nella disperazione. Ognuno trova la consolazione come può, in situazioni così drammatiche avere una fede salda e forte può essere un grande aiuto.

Qui di seguito il pezzo letto durante l’omelia.

Un momento. Perché anch’io voglio dire quel che hanno già detto la signora, lì… e il giovanotto: non ce lo dovete toccare, Gesù. Noi non abbiamo l’intelligenza per stare delle giornate intere a ragionare… Noi siamo poveri… e semplici, e Gesù lo sentiamo, lo conosciamo, chiedo scusa, come fosse uno dei nostri. È il nostro tesoro. E allora non dovete toglierci questa sola cosa che abbiamo, ma che per noi è tutto. Gesù è tutto, per noi! Oh! Io sono una madre, lavoro qui, nel teatro – spazzo… le pulizie – oh! prendo proprio due soldi, e mi danno un buco di casa…

Eh! Che sono una madre con un figlio morto, volevo dire. Una vedova. Le madri alla mia età non dovrebbero lavorare, se avessero ancora il figlio… Io ho ascoltato tutto — non ho capito tutto, però la madre… la Madonna… l’ho capita, e mi son detta: «anch’io sono un po’ come lei…». Per carità, per carità… non è che io faccia dei paragoni. Mi perdoni, sa… Io mi son permessa di venire avanti… così pubblicamente… perché non capita mai di incontrarsi con la madre di Gesù a faccia a faccia… così come stasera….

Anche mio figlio un bel giorno se ne andò… I figli, buoni e cattivi, se ne vanno tutti… È un destino. Non mi disse nemmeno dove. Non portò via niente… perché non c’era niente da portar via da noi…  Quando si rifece vivo era un altro uomo. Io non lo potevo capire più. Era andato via biondo e mi ritornava per così dire, più scuro di capelli, e cupo, pensieroso, chiuso… Avevo perfino un po’ di timore di guardarlo, sapete com’è coi figli che vi diventano degli sconosciuti… oh! Rimase lì in casa, senza far niente. Lì in casa, e diceva certe parole, coglievo certe frasi… noi stiamo attente a tutto! Che discorsi, che discorsi, Dio mio! e non potevo capire. E quando si comincia a non capire più i discorsi dei figli è finita. Si deve star zitte, e aspettare.

Oooh! E una notte, battono. Chi è? Vengono a prenderlo, perché, dicono, è un sovversivo. Non domandatemi se era di questi, di quelli o di quegli altri… non importa proprio saperlo per quel che sto per dirvi… credetemi. Io dico: ma come un sovversivo? Mio figlio, che sta chiuso in casa? Che ha detto? Che ha fatto? Quelle solite domande… Portato via, scomparso, l’unico figlio. Un momento fa c’era. Dormiva. Dopo un momento… non c’è più! E poi mi mandano una carta: che è morto. Da non crederlo… da dar di volta il cervello… Non c’è più… ma io lo sento parlare, lui che non parlava mai con me… lo sento perfino chiamare. Voi, signori del processo, voi prima, avete parlato dei miracoli, ho sentito: ci sono, non ci sono, sono veri, sono falsi… un gran discutere… Io non lo so se ho capito, ma posso dire che a me è successo proprio un miracolo. Io ho detto prima che da un certo momento in poi, mio figlio era diventato come uno sconosciuto, per me… ma ecco che dopo la morte, mentre l’ammazzavano all’improvviso è resuscitato… resuscitato dentro di me. Me lo son sentito vicino, vivo, proprio come se fosse vivo e avesse confidenza in sua madre… Parla, dice quello che per anni non ha mai detto – le cose meravigliose… le parole che dice… e i sentimenti che mi confida, sapeste! E io so, ormai, lo sento, lo so, vi dico, lo so! che non passerà molto tempo che lo rivedrò, ci rivedremo, perché è vivo, è ancora vivo… Non è una favola… è una cosa vera, proprio vera, come se si toccasse… una certezza. C’è, là, in un posto, in un altro posto, ed è vivo! C’è, e mi aspetta, e ci ritroveremo… è così! È così! Io volevo dirvelo, ecco… Loro ci aspettano! Queste sono le sole cose che contano in questa nostra vita disgraziata! Non le toccate! Sono le sole che abbiamo… Siate buoni, signori giudici, siate un po’ buoni verso il Salvatore… e verso di noi… Buoni… buoni, buoni.

La bolla

Uno strano weekend.  Tra pensieri cupi, lacrime e stordimento. E uno strano lunedì, dove lo stordimento è ancora prevalente.

E allora mi domandavo stamattina se non stia over-reacting, come dicono gli americani. E probabilmente è così. E nel tentativo di guardarmi dentro ho visto cose che non mi sono piaciute. Ho visto grovigli di emozioni negative, ho visto pesantezza, ho visto tristezza. Fatica enorme nel fare un passo dopo l’altro, fatica ad andare avanti. Il tempo scorre lentamente, lavoro con grandissima difficoltà nel mantenere la concentrazione, devo sforzarmi continuamente per evitare di perdere il filo.

Niente corsa, ancora. Per cui mi rimane l’alternativa di scrivere, di confidare nel blog per recuperare qualche energia.

Ho iniziato a lavorare sul sequel di Alba quantistica. Unica notizia positiva.

Per il resto, è come se fossi dentro una bolla, in balia di qualunque soffio di brezza.