Leggevo oggi il blog di Vetrocolato, che seguo sempre con grande piacere, e ho letto questo post, “Il compendio di Pasqua”, dove c’è quello che tecnicamente verrebbe definito un “flusso di coscienza”, vale a dire un flusso di pensieri molto intenso ed emotivamente molto coinvolgente, che parla di tristezza e di felicità, di quel mix di sentimenti contrastanti che capitano a coloro che hanno un’interiorità complessa, quelli di cui ho parlato qui (e realizzo solo ora che sono passati mesi e mesi, guardando la data del post). Ma non è questo l’oggetto del contendere, ma piuttosto la chiusa, del post di Vetrocolato, che riporto qui per mia comodità.
Ed anche questa è una cosa che mi chiedo spesso, perché scrivete nei vostri blog? A qualcuno l’ho già chiesto, qualche risposta è stata simile alle mie, altre cose, invece, credo ancora di non averle comprese, ma ancora mi chiedo, perché avete deciso di lasciare le vostre cose qua dentro. Cosa vi rende, a livello personale, il blog. Se avete voglia o possibilità di dirlo, mi farebbe piacere saperlo. Per quanto mi riguarda, il blog non è fine a se stesso, se non ci sono scambi e opinioni, rimane solo un diario, e quelli li vendono in tutte le cartolerie.
Ecco, cosa mi rende, a livello personale, questo blog? Perché ci scrivo dentro? La voglio prendere alla lontana.
Come dico spesso, ed è scritto anche nella copertina del libro, “Niente è per caso” per me non significa un cieco e onnipotente fato che tutto dispone e tutto decide, lasciando inerte e inefficace il libero arbitrio del singolo. Credo piuttosto che significhi che ognuno di noi ha un suo percorso interiore; credo anche che attorno a noi accadano moltissime cose; credo, infine, che noi ci accorgiamo di una specifica cosa che ci accade attorno solo se siamo al punto giusto del nostro percorso, se siamo “pronti” per vederla. E siccome ce ne accorgiamo con un certo tempismo, pensiamo al caso. E invece io dico che non è per caso. 🙂
Ecco, il mio percorso ad un certo punto mi ha portato a scoprire la scrittura. Ho ringraziato molte volte chi me l’ha fatta scoprire, e la ringrazio ancora oggi. Ho scoperto la scrittura come fonte di espressione, come mezzo per dare corpo alla mia interiorità, alla mia necessità di espressione. E la mia scrittura non è una scrittura completamente “libera”, non fluisce con naturalezza come accade a parecchi che conosco, per lo meno non nell’ambito della narrativa. Ho un sacco di problemi con i plot, con la drammaturgia dei racconti. Faccio una fatica enorme a trovare le trame. Una volta trovata una trama di massima, ecco lì inizio a muovermi bene, a trovarmi a mio agio. Perché l’accento passa dalla drammaturgia all’emozione. E a me piace scrivere di emozioni. E scrivere di emozioni significa inevitabilmente scrivere delle proprie emozioni, oltre che di quelle altrui.
E allora, cosa mi rende il blog? Innanzitutto è un modo per “buttar fuori”, quando il livello di guardia sta per essere raggiunto, o semplicemente è abbastanza alto. Se il livello di guardia si supera, neanche la scrittura serve. Ma questo è un altro tema. Quindi un primo ritorno è nel sollievo che viene dopo aver tirato fuori cose. Ma, come dice bene Vetrocolato, questo non sarebbe nulla senza il confronto. Più di qualche volta ho letto commenti che hanno dato inizio a scambi via email, belli e intensi. Talvolta ci sono commenti che toccano le corde più profonde della mia interiorità. Talvolta ci sono commenti che mi portano fuori dal tempo e fuori dallo spazio. L’interazione con persone dall’interiorità complessa. Questo mi rende, e per questo scrivo, qui e altrove.