Notte, buio. Una strada dissestata, stretta. Pensavo fosse la Salaria, ma boh. Si vede poco, devo avere i fari sporchi. Ho un’auto davanti, va lenta come una lumaca. La sorpasso, ma non appena l’affianco accelera. Accelero anche io. Ma anche lei. Saremo già oltre i 140. Ma non posso guardare il tachimetro. La macchina sta in strada a fatica. Sorpasso finalmente, ma rientrando in carreggiata l’auto sbanda, mi avvicino pericolosamente a destra, c’è un terrapieno.
E mi sono svegliato. Mi dicono che questo sogno potrebbe simboleggiare che ho poche energie in questo momento, e non è cosa, di accelerare. Non è cosa perché finisce che vado fuori strada. E bisogna avere pazienza, allora. Aspettare di recuperare energie. Che è la stessa cosa che stavo pensando stamane quando ho letto questo post di Mads, che parla di una distorsione, e mi ha fatto venire in mente un episodio di tantissimi anni fa.
Stavo scolando la pasta ma ho rovesciato la pentola troppo velocemente, per cui un fiotto d’acqua è rimbalzato sul lavandino ed è uscito, finendo diritto sul mio piede, con calzino. All’epoca non sapevo molto di bruciature ed ustioni, se dovesse capitare una cosa simile oggi non avrei dubbi, e metterei il piede a bagno nell’acqua gelata. Nient’altro. Invece allora ci misi sopra il Foille, il miracoloso unguento che va benissimo se strusci un dito contro una sigaretta, ma non va affatto bene per una bruciatura di quel tipo. Morale della favola, il giorno dopo avevo una bolla enorme sul piede. Per farla breve, anzi brevissima, un’ustione di primo e secondo grado si è approfondita ed è diventata di secondo e terzo. Terzo grado significa niente pelle. Significa quasi mezzo centimetro completamente mangiato. Significa carne viva esposta. Significa tre mesi di medicazioni. Significa imparare la pazienza.
La carne viva implica che qualunque aumento di pressione arteriosa nell’intorno della zona ferita provoca dolori lancinanti. Non esagero, quando dico lancinanti. E’ una lama di dolore che parte dal piede e arriva diritta sino al cervello. E quando si verifica un aumento di pressione arteriosa? Quando varia la quota del piede rispetto al cuore. Se sto seduto sul divano col piede poggiato in alto su una sedia, cuore e piede sono grosso modo alla stessa altezza, il piede è appena più basso. Se mi alzo in piedi, e quindi poggio a terra il piede e mi tiro su, la quota del cuore sale, quella del piede scende, la distanza è elevata. E parte la staffilata di dolore. Questo rende praticamente impossibile muoversi. E ancorché fosse per me gratificante stare tutta la giornata spalmato su un divano, era necessario alzarsi almeno per fare pipì, qualche volta al giorno. E allora avevo inventato un modo per muovermi da pazzo scriteriato quale sono. Con una specie di contorsione mi alzavo e poggiavo entrambe le mani sulla sedia, e tenevo il piede ferito in alto dietro la schiena. Poi spostavo la sedia in avanti, e facevo un saltello appresso alla sedia con il piede sano, sempre mantenendo l’altro in alto. In questo modo non variavo troppo le quote e il dolore si manteneva a livelli sopportabili.
Gli altri momenti di pazienza erano le medicazioni. Tolta la benda, con una garza bagnata in acqua e sapone si provvedeva a scorticare tutta la parte centrale della ferita, controllando che nelle parti periferiche la pelle nuova si formasse con la giusta lentezza. Cosa che i primi tempi non è successa. Ma no, questa non la racconto. Basti sapere che ho dovuto ricominciare da capo perché la ferita stava guarendo male, allungando di un mese e più la convalescenza. Quindi dopo la scorticatura con la saponata bisognava sciacquare, e poi mettere antibiotico locale, betadine, garze e fasciatura. Mi sentivano urlare sino al parcheggio dell’ospedale. Un’ordalia che sapevo sarebbe stata tremenda. Ho capito come si sentono i prigionieri torturati. E ho capito che solo la pazienza mi avrebbe salvato e tirato fuori di lì. La pazienza e la resistenza.
Non è il momento di sorpassare ora. Ora è il momento di resistere e pazientare.