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Scatoloni

“Ah! La meraviglia di una casa
non è che vi ripari o vi riscaldi,
né che si possiedano i muri,
ma che questa depositi lentamente in noi
riserve di dolcezza.
Che essa formi, in fondo al cuore,
questa mole oscura da cui nascono, come acque di sorgente,
i sogni,….”
Antoine de Saint-Exupéry

scatolone

Quante volte ne ho parlato, della casa di Focene. Questo passo di Saint-Exupéry lo avevo già usato, ma mi piace ripeterlo perché lo sento davvero mio, quando penso al mio rapporto con questa casa. E rileggevo quanto già scritto, che a volte mi sembra di sentire le risate delle bambine. Questa casa prima o poi si venderà, è funzionale al futuro delle ragazze, ed è giusto così. Ma quel giorno per me sarà un brutto giorno.

Sta di fatto che questo weekend siamo qui, e ieri abbiamo trascorso una bella giornata di mare anche con le ragazze, che sono venute a trovarci. Sempre ieri ho tirato giù degli scatoloni, contenenti i miei libri universitari. Sto leggendo un libro fantastico di Capra (l’autore de “Il Tao della fisica”) che parla dell’approccio sistemico alla scienza. E ho scoperto che una parte degli studi fondamentali sono stati compiuti proprio nel periodo in cui studiavo. E dal fondo della memoria sono rispuntate materie che non ricordavo quasi più, come “Teoria dell’informazione e codici”. E mi è venuta voglia di andarli a riprendere quei libri, per dare un’occhiata. Stamattina ho aperto gli scatoloni, e ho tirato fuori i libri che mi servivano.

Riguardando i libri sono entrato in un mood di nostalgia e ricordi, ogni libro contiene sudore e fatica, ho rivisto annotazioni a margine, sottolineature, ho ricordato il negozietto vicino al Pantheon dove prendevo la carta fiorentina per foderarli. E poi ho aperto uno scatolone e in fondo c’erano delle cartelline. Pensavo fossero appunti, ho aperto la prima e ho trovato disegni e temi e pensierini e lavoretti delle bambine, tra asilo ed elementari. Il primo foglio era una lettera a Babbo Natale. E mentre cercavo di togliermi i bruscolini che mi sono finiti negli occhi tutti insieme, improvvisamente ho capito da dove vengono, quelle risate di bimbe che ogni tanto sento quando sono qui.

Se fossi un poeta

poetaLo scorso weekend siamo stati a Focene, io e la consorte. L’ho già detto in un altro post, io ho scoperto recentemente un legame particolare con quella casa, ed è una cosa abbastanza strana per come sono fatto e per come mi sono evoluto, nel senso che è abbastanza difficile che io abbia un particolare attaccamento a degli oggetti, in linea di massima non succede. La casa di Focene è una delle eccezioni, ed è probabilmente la più eclatante. Perché è la casa dove siamo andati a vivere appena sposati, perché è la casa dove sono nate le bambine, perché è la casa che ha visto tantissimi momenti di felicità intensissima. E in quel post citavo una frase di Saint-Exupery, dove si parlava del rapporto tra una casa e delle riserve di dolcezza da portarsi dietro.

E sabato, mentre passavo davanti alla stanza da letto, ho intravisto Carla (mia moglie) che riordinava delle cose, e allora mi sono fermato sulla soglia, e si è svolto il seguente dialogo:
- E’ proprio vero che questa casa contiene delle riserve di dolcezza, a volte mi pare quasi di sentire le risate delle bambine!
- Io non sono un poeta come te, ma sì, devo dire che c’è un’atmosfera particolare.

Io sono rimasto con la mascella pendula, gli occhi sono diventati due cuoricini lampeggianti, e le ho rivolto il mio sorriso più ebete, senza replicare. Questa cosa di essere chiamato “poeta” mi è rimasta a galleggiare in testa per tutti questi giorni, da sabato a oggi, sino a che, durante una pseudo-casuale (perché niente è per caso, si sa) navigazione, ho trovato una poesia di Thomas Eliot. E io non sono un poeta, ma se lo fossi, questa cosa l’avrei voluta scrivere io. E siccome le traduzioni che ho trovato non mi soddisfacevano completamente, la traduzione l’ho fatta io. Oggi non è un giorno particolare, non è un anniversario, non è un compleanno. E’ un giorno qualunque, ma è nei giorni qualunque che si trovano le cose speciali.

E quindi, in un giorno normale, mi approprio dei versi di Eliot, e li dedico a Carla.

Una dedica a mia moglie

A colei cui devo la gioia palpitante
che accelera i miei sensi nella veglia
e il ritmo che governa il riposo nel sonno,
l’unisono respiro

di amanti i cui corpi profumano uno dell’altro,
e pensano uguali pensieri che non necessitano parole
e sussurrano uguali parole che non necessitano significato.

Nessun collerico vento invernale riuscirà a gelare,
nessun cupo sole tropicale riuscirà ad appassire
le rose in quel roseto che è nostro e solo nostro

ma questa dedica è scritta perché altri la leggano:
sono parole private indirizzate a te in pubblico.