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Gattume

Fino a quando ho vissuto con i miei non ho amato i gatti. Anzi. Mi stavano anche discretamente antipatici. Tutto ciò che non capivo tendenzialmente mi era antipatico, da giovane. E poi in casa dai miei erano girati solo cani. Poi un lungo intermezzo senza animali, sino al 2000. Nel 2000 mia figlia grande subì tre operazioni chirurgiche, una delle quali non previste. Niente di grave, ma molto fastidiose. Per cui decidemmo di regalarle un gatto. E arrivò Ugo.

DSCF0079Ugo, se non fosse stato salvato da una coppia di amici, sarebbe morto cucciolo. Arrivò a casa e aveva di tutto. Dai vermi alla tigna, passando per il cimurro. Era un batuffolo di sofferenza. Portato dal veterinario riuscimmo a salvarlo e diventò il gattone fotografato qui a sinistra. Ugo era il gatto di Virna. Era proprio il suo, ogni animale sceglie un padrone, e lui e Virna si erano scelti. La sera, quando lei si metteva sul divano, Ugo arrivava da lontano appiattito per terra come un marine. Si arrampicava sulla spalliera del divano e continuava, sempre semi-invisibile, ad avvicinarsi, fino ad arrivare in prossimità della testa. E lì, ZAC! partiva una rampata diretta alla guancia. Rigorosamente senza unghie. L’idea era “Ti ho ucciso, e non te ne sei neanche accorta!”. Era un gatto libero, e non c’era modo di piegarlo al volere di chiunque. Quando gli prendevano i cinque minuti del pazzo, era capace di salire su per uno stipite della porta, girare sulla cornice in alto, e riscendere dall’altro stipite. Dopo circa un anno, eravamo al mare, e pensammo che sarebbe stato un peccato costringerlo in uno spazio angusto, e confidavamo nel fatto che il giardino, che era grande, fosse sufficiente alle sue esplorazioni. E così fu, per un paio di settimane. Ma poi il suo spirito libero ebbe il sopravvento, e una notte se ne uscì in esplorazione, che gli fu fatale. Lo trovammo sulla strada, la provinciale di fronte casa. Lo seppellimmo in giardino, e Virna sembrava inconsolabile. Così come le bambine, alle quali raccontammo una pietosa bugia. Pochi giorni dopo, eravamo ancora lì (a quei tempi ci trasferivamo al mare alla chiusura delle scuole e rientravamo all’inizio del nuovo anno scolastico, facendo avanti e indietro da Roma durante i periodi lavorativi), qualche vicino che evidentemente aveva sentito la tragedia di Ugo, anonimamente ci “buttò” in giardino la bella Camilla.

CamillaCamilla è un simil-persiano a pelo lungo, è una signora molto snob. Sta sempre sulle sue, non si concede. Ha una voce orribile, quando miagola è come sentire un’unghia sulla lavagna, ma è buona come il pane. Non si lancia in nessuna performance fisica estrema, come faceva il povero Ugo. Virna all’inizio non la voleva, era troppo fresco il dolore per la perdita di Ugo, ma poi come sempre accade le si è affezionata, come del resto tutti quanti. Camilla è rimasta padrona incontrastata della casa per ben otto anni, sino al 2009. A quel punto la dottoressa Cippi si presentò a casa dicendo che aveva trovato una meravigliosa gattina, tutta bianca come la neve, con una sola macchiolina sul fianco, a pelo lungo. E così arrivò Cesare.

CesareAppunto. Femmina, bianca, pelo lungo. Cesare è un gattone. Pesa più di 7 chili, pur essendo longilineo, non sovrappeso. E’ quello che più mi ricorda Ugo, anche se Ugo resta inarrivabile e indimenticabile. Cesare è fondamentalmente un coatto, come si direbbe nei bassifondi della Capitale. Quando abbiamo avuto gli operai in casa, mentre gli altri si nascondevano non appena suonava il citofono, e riapparivano dopo che se ne erano andati, Cesare si aggirava tra di loro senza il minimo timore, e anzi rivendicando i propri spazi e pretendendo di essere accarezzato e coccolato.

E arriviamo alfine al 2010, quando ristrutturando la casa di Focene, Virna e Duli si sono trasferite per un periodo lì, per controllare meglio i lavori. E un giorno, un giorno in cui pioveva a dirotto, Duli trovò in giardino un minuscolo gattino nero, nero come la pece, con gli occhi gialli.

MarioEra Mario. L’operaio che stava lavorando, passando accanto a Duli con Mario in braccio, le disse, con forte accento rumeno (di quelli tipo i russi nei film di spionaggio ai tempi della guerra fredda, per capirsi, tutti pieni di u e gutturalissimi): “Tuo gatto?”, indicando con il mento Mario. “No, veramente è entrato qui di nascosto”. E l’operaio, con lapidaria quanto pragmatica saggezza: “Ah. Adesso, tuo gatto”. E così fu, anche perché il veterinario, dal quale lo portammo indipendentemente dalla decisione di tenerlo o meno, ci spiegò che questi neri sono molto ricercati dalle sette sataniche, per cui se non sono adottati in fretta rischiano di fare una bruttissima fine. Non ce ne sarebbe neanche stato bisogno, perché era bellissimo e tenerissimo, ma diciamo che l’abbiamo presa come scusa ufficiale.

La mattina, quando apro la porta che dal corridoio dà in salone, e me li trovo tra le gambe tutti e tre, è lì che è stato coniato (da Virna, debbo dire) il termine “gattume”. E dopo il saluto (mirato a chiedere cibo, ovviamente), ognuno dei tre si manifesta con le sue caratteristiche peculiari. Cesare, il coatto, continua a infilarmisi tra le gambe sino a quando il suo cibo non è depositato davanti a lui. Camilla, la signora altezzosa, si dirige verso il suo posto e attende che il vassallo si presenti. Mario, il timido, passeggia nervosamente a distanza, in attesa di poter scappare verso la ciotola.

Mentre la sera ci troviamo così, con tre felini conviventi in salone in modo pacifico, ognuno un cuscino, senza liti e senza affanni.

Tre

Gatti ministri

Non parlo spesso di politica, non voglio un blog politicizzato. Però ci sono dei casi in cui non si può tacere. Era già accaduto quando si è dimesso il Trota, in quell’occasione mi sono lasciato andare alla malinconia per i “bei tempi andati”, quelli in cui la politica era ancora qualcosa di pseudo-serio.

Oggi sento di non poter tacere rispetto all’ennesima uscita del ministro Fornero, che ha scoperto, bontà sua, due cose: la prima, le tasse in busta paga sono troppo alte; la seconda, le retribuzioni sono troppo basse.

A volte sembra che Elsa Fornero viva nel Paese delle Meraviglie. In barba a tutte le fonti di informazione ufficiali e non, che denunciano da anni questi problemi, lei deve aver fatto un sogno premonitore, ed essere stata illuminata sulla via di Damasco. E in questo sogno ha finalmente capito che i lavoratori dipendenti sono strangolati dalle tasse, e che le retribuzioni hanno perso moltissimo potere d’acquisto rispetto ai tempi della lira.

Aspettiamo con ansia le prossime rivelazioni targate Fornero: “gli artigiani non rilasciano fattura per i piccoli lavori di manutenzione in casa”; “i professionisti gestiscono una doppia contabilità, quella ufficiale e quella in nero”; “tantissimi extra-comunitari lavorano in nero”; e speriamo che si accorga anche che le banche non pagano l’IMU, insieme con Santa Madre Chiesa.

Queste considerazioni mi spingono ad allargare il cerchio, e a cercare di tirare un po’ le somme delle azioni intraprese da questo governo sulla strada del risanamento; cito le principali, confido mi si perdoni l’atteggiamento tranchant.

  1. Aumento dell’IVA
  2. Aumento della benzina
  3. Aumento della tassa sulla casa

Ed è qui che nasce il titolo del post. Perché per varare queste misure non c’era bisogno di scomodare il presidente della Bocconi, e tutte le illustri menti che compongono l’attuale governo. A casa mia ci sono tre gatti, anche piuttosto belli, che se posti sul ponte di comando avrebbero probabilmente partorito gli stessi brillanti, inusuali, geniali provvedimenti. Credo che Cesare (il tigrato) sarebbe un eccellente Primo Ministro, Mario (il nero) potrebbe occuparsi del Dicastero Economico, e Camilla sarebbe un’eccellente sostituta della Fornero. Per lo meno è gradevole alla vista.