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Ci sono mattine

Ci sono delle mattine che ti alzi tutto allegro, e poi a un certo punto ti arriva una bastonata tra capo e collo. Ti svegli pensando che la vita è bella, vale la pena di essere vissuta, è piena di sorprese piacevoli e di piacevoli certezze, e poi a un certo punto crolla tutto, e la potenziale splendida giornata si tramuta in un baratro. Come se ti fosse arrivato un TIR addosso. E pensi, ma porcaccia miseria, potevi giocare pulito no? Pensi a tutto quanto hai fatto, a quello che hai dato, pensi che non hai mai chiesto niente in cambio, pensi che non te lo meriti. Inizia con un sentore, una sensazione che qualcosa non va. E poi lo senti chiaramente. E lo vedi.

Armando ha di nuovo fatto la cacca in salone.

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Povera patria

Eh già. Come la canzone di Battiato, di buona memoria. E per chi la vuole ascoltare, la metto in fondo al post.

Perché “Povera patria”? Perché stamattina ho letto un post. Quando ho visto il titolo mi sono chiesto: ma perché “empathy” e non “sympathy”? Alla fine della lettura mi sono risposto: perché non si può sporcare una canzone degli Stones. Perché quelle canzoni sono delle pietre miliari, e non si possono usare per parlare delle miserie umane quotidiane. Anche perché di miseria umana in miseria umana, si sta cadendo in un baratro dal quale francamente vedo difficile uscire.

L’autrice del post, mia esimia e rispettata collega ai discutibili, ha messo una chiara postilla alla fine del suo post, che recitava “Eventuali commenti ottimisti saranno prontamente censurati”. La sintesi del suo grido di dolore è che stiamo andando a cento all’ora verso un muro di cemento armato, e nessuno se ne rende conto. Cito testualmente:

Ma pochi si rendono conto del pericolo, nessuno ha paura di votare la persona sbagliata, non importa quanto intelligenti hai sempre pensato che fossero. Ed è così che scopri che con i venti favorevoli erano in gamba cani e porci. Ora siamo fottuti con violenza sulle macerie e a nessuno fa più male.

E io le ho detto che forse le avrei risposto con un post. Ed eccolo qui, dunque. Sto in qualche modo girando attorno al nocciolo. Il nocciolo è che secondo me non c’è proprio nulla da fare. E’ dalla prima metà degli anni 80, nel periodo in cui sono state gettate le basi della legge Mammì, che stiamo assistendo ad una trasformazione del sistema Italia. Una trasformazione che si basa sull’uso del mezzo televisivo per passare insistentemente, ripetutamente, ossessivamente dei messaggi che alla fine diventano parte di una identità culturale. Perversa. L’identità culturale del micro-egoismo, del micro-orticello, del micro-vantaggio. E del disprezzo delle regole, dell’idealizzazione del “furbetto del quartierino” di turno, della demonizzazione della fatica: quella fatica tanto necessaria a raggiungere obiettivi veri. Fatica bypassabile con diplomi di laurea di sedicenti università estere, o con network di conoscenze, o con “amici di amici” che chiedono una prebenda, nel caso si sia dei maschietti; con l’elargizione di grazie e favori, nel caso si sia delle femminucce.

In tutto questo, complice una pseudo stabilità economica, un sistema che tutto sommato reggeva, nessuno, nessuno si è sognato di puntare il dito, di dire “ehi ma questo non mi torna”. Perché era più comodo pensare al proprio micro-orticello. E anzi, era pieno di Soloni che inneggiavano al liberismo, magari senza neanche sapere cosa significasse, di sostenitori del nulla che gridavano al “gomblotto”, alla demonizzazione dell’avversario, e si schieravano. Senza comprendere che non era, e non è, un problema di schieramento. Il problema è che, come ai tempi di un altro ventennio, c’è stato un personaggio “visibile”, circondato da una pletora di figuranti che hanno partecipato alla spartizione. Nel ventennio antico erano i gerarchi, in quello più recente sono i componenti dell’intero arco costituzionale. E ora, che l’acqua non c’è più, che tutti gli orticelli si stanno seccando, che sopravvivono solo gli orti intensivi perché possono scavarsi dei pozzi con soldi non loro (orti intensivi cui i proprietari di micro-orticelli non avrebbero comunque MAI potuto partecipare, eh, sia chiaro), ora non c’è più neanche la capacità di ragionare, di porsi un problema in termini generali, di identificare un bene superiore.

Ho tentato di essere parte di gruppi di interesse, ho tentato di “tastare il terreno” per vedere se ci fosse la concreta possibilità di aggregare persone che abbiano un’idea di Stato non come un nemico, ma come un bene superiore. Niente. E’ impossibile semplicemente aggregare consensi rispetto ad un pugno di idee base. Si iniziano immediatamente a sentire i distinguo, i “ma io”, i “ma se”, i “ecco ma forse”.

E allora? E allora non so, ma credo che non finirà bene. Credo che non ci sia spazio per una risalita. Credo che oramai siano stati fatti talmente tanti danni che tutte le corde che potevano servire per risalire sono state tagliate o si sono erose. Siamo sul fondo, e credo inizieremo presto a scannarci. Povera patria.